Centro America-Usa: un viaggio infernale

Mezzo milione di uomini e donne scappa ogni anno da El Salvador, Honduras e Guatemala in cerca di un futuro migliore negli Stati Uniti. Ma per arrivarci devono attraversare il Messico. Dove spesso sono vittime di uccisioni, rapimenti, violenze sessuali, sparizioni. Lo rivela Medici senza frontiere, che parla di «crisi umanitaria dimenticata»

«Vengo dall’Honduras. È la quarta volta che cerco di attraversare il confine con il Messico». A parlare così è Anita, 35 anni. Come tante altre donne in fuga verso gli Stati Uniti, durante il viaggio è stata rapita, picchiata e violentata. «Mi hanno puntato un coltello alla gola, non ho potuto oppormi. Mi vergogno a dirlo, ma penso che sarebbe stato meglio se mi avesse uccisa».

Ogni anno circa 500 mila persone attraversano il confine meridionale del Messico. La maggior parte di questo massiccio flusso migratorio forzato proviene da El Salvador, Honduras e Guatemala, paesi noti come il Triangolo settentrionale dell’America Centrale, attualmente una delle regioni più violente al mondo.

Paesi in cui si registrano altissimi tassi di violenza per la presenza di gang criminali, le cosiddette “maras“, che controllano il territorio. Jose, 30 anni, è stato costretto a fuggire dal suo villaggio in Honduras per non aver voluto accettare la “protezione” da parte degli uomini delle maras.

«Nel mio paese uccidere è normale. Lo scorso settembre mi hanno sparato in testa, sono rimasto in coma per due mesi e ancora ho dei problemi. Ma quello che mi ferisce maggiormente è il fatto di non poter vivere nel mio paese. Mi fa male essere stato costretto a fuggire come un criminale».

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Foto: © Msf/Anna Surinyach

I dati di Medici senza frontiere

A raccogliere le storie di Anite e Juan (i loro veri nomi sono diversi) sono stati gli operatori di Medici senza frontiere (Msf) nel report “Costretti a fuggire dal triangolo settentrionale dell’America Centrale – Una crisi umanitaria dimenticata” (scarica il documento integrale in inglese). L’organizzazione non governativa dal 2012 fornisce assistenza sanitaria e mentale a decine di migliaia di migranti e rifugiati che fuggono dalla violenza estrema del Centro America per raggiungere il Messico. «Le sofferenze patite da un gran numero di persone in movimento da queste regioni non sono molto diverse da quelle vissute nelle zone di conflitto, dove lavoriamo da decenni», spiega a Osservatorio Diritti Bertrand Rossier, capo missione di Msf in Messico.

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Uccisioni arbitrarie, rapimenti, minacce, reclutamento forzato da parte di milizie, estorsioni, violenze sessuali e sparizioni forzate lasciano ferite e tracce profonde nel corpo e nella mente. Delle 467 persone intervistate da Msf, il 39,2% ha riferito di attacchi diretti o di minacce a loro stessi o ai loro cari, e di estorsione o reclutamento forzato da parte di gang, come i principali motivi della fuga dai propri Paesi.

Il 68,3% ha riferito di essere stato vittima di violenza durante il transito in Messico. In totale, il 92,2% dei migranti e dei rifugiati visitati dalle équipe di Msf tra il 2015 e il 2016 ha vissuto sulla propria pelle un evento violento nel paese di origine o lungo la rotta. Circa un terzo delle donne ha subito violenze sessuali durante il viaggio.

«Partono con la certezza che saranno stuprate. Per questo molte donne iniziano ad assumere anticoncezionali al momento della partenza. Per evitare gravidanze non volute», spiega Rossier.

Profughi e migranti economici

Molte delle persone che lasciano El Salvador, Honduras e Guatemala lo fanno per motivi economici e per cercare un futuro migliore in Messico o negli Stati Uniti. Ma molte altre avrebbero diritto a ottenere protezione in Messico, anche se distinguere in maniera chiara tra gli uni e gli altri non è facile.

Tuttavia l’accesso alle procedure di richiesta asilo in Messico rimane estremamente limitato: sui 152 mila migranti arrestati e imprigionati al confine meridionale del Messico, poco meno di 142 mila sono stati deportati. Analogamente a quanto avviene lungo il confine meridionale dell’Europa, anche chi ha bisogno di protezione internazionale viene considerato un “migrante economico” e rispedito indietro.

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Ottoniel, guatemalteco, cerca di entrare negli Stati Uniti per la quarta volta – Foto: @ Msf/Marta Soszynska

Muri sempre più alti

Le similitudini tra la frontiera centro-americana e la frontiera meridionale dell’Europa non finiscono qui. A partire dal 2014, infatti, è stata implementato il “Plan frontera sur” voluto dal governo di Washington per limitare l’accesso di migranti e rifugiati in Messico e spostare verso sud il confine meridionale degli Stati Uniti. «Tra il 2015 e il 2016 abbiamo iniziato a vedere le conseguenze di questa politica», spiega Bertrand Rossier. «Ora le maglie del controllo sono molto più strette, i migranti che vengono fermati sono poi deportati in tempi molto brevi che non permettono di valutare attentamente il bisogno di protezione».

Per Medici senza frontiere i tentativi di bloccare la migrazione rafforzando i confini nazionali «hanno conseguenze devastanti sulla vita delle persone in movimento. Questa è una crisi umanitaria che richiede un’azione coordinata urgente per assicurare che queste persone siano al riparo dalle violenze e dalle persecuzioni», conclude Rossier.

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opera mundiQuesto articolo è pubblicato in collaborazione con Opera Mundi, un importante sito di informazione brasiliano con una forte vocazione agli esteri “senza perdere di vista una prospettiva brasiliana e latino-americana dei fatti”.

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