Napoli: morire di razzismo a 24 anni
Ibrahim è morto per una peritonite. Il ragazzo era andato all'ospedale "Loreto mare" di Napoli, dove era stato dimesso dopo un'iniezione. Continuando a star male, voleva andare al pronto soccorso, ma i carabinieri e un tassista non l’hanno aiutato e l'ambulanza non arrivava. Gli amici l’hanno portato a braccio dalla guardia medica, ma era tardi
Un’agonia durata quasi due giorni, finché il corpo di Ibrahim non ha ceduto e il ragazzo di 24 anni è morto, pare per una peritonite. È successo a Napoli e non è solo l’ennesimo caso di malasanità. Ma una vicenda che tiene insieme incuranza e un substrato, neanche troppo celato, di razzismo. A denunciarlo sono i familiari e gli amici di Ibrahim che ora chiedono verità e giustizia.
Ibrahim è originario della Costa d’Avorio e dal 2010 viveva a Napoli insieme al fratello con regolare permesso di soggiorno. Qui lavorava e, quando poteva, dava una mano ai ragazzi dell’ex Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) occupato “Je so’ pazzo” per lo sportello legale dedicato ai migranti.
«Parlava cinque lingue e per noi era una risorsa come mediatore linguistico. Ci ha sempre aiutato, per questo oggi non possiamo che denunciare la sua tragica fine, che rappresenta il simbolo di come in questo paese ci siano persone di serie A e di serie B. Anzi, nel caso di Ibrahim, di serie C», dice Matteo del collettivo Je so’ pazzo all’agenzia Redattore Sociale.
Testimonianza di un amico di Ibrahim – Fonte: pagina Facebook di Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo
Una vicenda di razzismo e malasanità
Amici e familiari raccontano che l’odissea del ragazzo inizia sabato scorso, quando per un forte mal di pancia viene portato all’ospedale “Loreto mare” di Napoli. Qui, dopo un’iniezione di antidolorifico, Ibrahim viene rimandato a casa.
Ma continua a stare male, molto male. Così gli amici lo accompagnano nella vicina farmacia, dove il titolare prova a chiamare un’ambulanza, ma nessun mezzo risulta disponibile. Provano allora a prendere un taxi, ma il tassista si rifiuta di farlo salire, nonostante abbiamo tutti i documenti in regola e i soldi in mano per pagare la corsa.
Il dolore, intanto, non accenna a diminuire. L’ultima speranza è arrivare alla più vicina guardia medica: a piedi, sottobraccio da piazza Garibaldi a piazza Nazionale, perché nessuno vuole far salire quel ragazzo. Neanche la volante dei carabinieri che i ragazzi incontrano sulla strada.
Una volta arrivati, il dottore di turno si rende conto delle condizioni del giovane ivoriano ed è lui a chiamare l’ambulanza d’urgenza, che stavolta arriva. Ma è già troppo tardi: il ragazzo muore in ospedale poco prima di entrare in sala operatoria.
La mobilitazione e la denuncia
«Non è possibile morire a vent’anni per una banale appendicite. Non spetta a noi fare analisi cliniche, ma quello che vogliamo denunciare è che un ragazzo ha dovuto aspettare 24 ore per essere accolto, è stato rimandato a casa la prima volta senza nessun accertamento. Fossi stato io, sarebbe stato diverso. Come diverso sarebbe stato l’atteggiamento di chi non ha voluto aiutarlo per strada solo perché nero: qui non c’è solo malasanità, ma c’è anche tanto razzismo», dice Matteo.
Per questo i ragazzi dell’ex Opg hanno organizzato presidi di protesta: ieri mattina si sono ritrovati davanti all’ospedale per una conferenza stampa e oggi alle 16 partirà un corteo da piazza Garibaldi. Intanto i familiari di Ibrahim hanno presentato denuncia per omicidio colposo.