Libia, “l’inferno al di là del mare”
In Libia più di 4 profughi su 5 subiscono violenze d’ogni genere, detenzioni illegali, stupri, torture. Lo denuncia il nuovo rapporto "L'inferno al di là del mare" diffuso da Oxfam Italia, Borderline Sicilia e Medu. Quasi tutti hanno assistito all’omicidio o tortura di un compagno di viaggio, subito privazione di acqua o sono stati imprigionati
In Libia più di quattro profughi su cinque subiscono violenze di ogni genere, detenzioni illegali, stupri e torture. È quanto denunciano migranti e rifugiati secondo il nuovo rapporto “L’inferno al di là del mare” diffuso ieri da Oxfam Italia, Borderline Sicilia e Medici per i diritti umani (Medu) in occasione del vertice dei ministri degli Interni europei di Tallinn e della conferenza “Solidarietà e Sicurezza” convocata ieri a Roma dal ministero degli Esteri, assieme all’Alto commissario per la Politica estera Ue, Federica Mogherini, e ai ministri degli Esteri dei paesi africani di transito dei flussi migratori.
In particolare, il report rivela che l’84% delle persone intervistate ha dichiarato di avere subito trattamenti inumani, tra cui violenze brutali e tortura. Inoltre, il 74% ha raccontato di aver assistito all’omicidio o alla tortura di un compagno di viaggio. L’80%, infine, ha subito la privazione di acqua e cibo, mentre il 70% è stato imprigionato in luoghi di detenzione ufficiali o non ufficiali.
I racconti raccolti dalle tre organizzazioni sono dettagliati. Difficili da leggere fino alla fine. Come quello di H.R., 30 anni, proveniente dal Marocco.
«Sono stato arrestato da una banda armata mentre stavo camminando per la strada a Tripoli, mi hanno portato in una prigione sotterranea e mi hanno detto di chiedere il riscatto alla mia famiglia. Mi hanno picchiato e ferito diverse volte con un coltello. Un muscolo nel mio braccio sinistro è stato completamente lacerato. Stavo per morire a causa delle botte. Violentavano regolarmente gli uomini. Per spaventarci, in varie stanze amplificavano le urla per le violenze a cui gli altri detenuti erano sottoposti»
Niger, Mali, Etiopia, Sudan, Ciad: ecco dove intervenire
Secondo le organizzazioni che hanno preparato il rapporto «il rischio è quindi quello di creare così “nuovi inferni” per le persone in fuga da conflitti, abusi, violenze, fame e povertà». I finanziamenti a paesi di transito come Niger, Mali, Etiopia, Sudan e Ciad – sottolinea ancora il documento – non chiedono come contropartita di rispettare standard nella tutela dei diritti umani dei migranti, a fronte di una maggiore collaborazione nel controllo delle frontiere e nelle procedure di rimpatrio e espulsione.
Una situazione che potrebbe portare a gravi conseguenze per i migranti. «L’accordo stipulato dall’Italia con il cosiddetto Governo di Unità Nazionale libico di Al Sarraj qualora riuscisse a diventare pienamente operativo, manterrebbe o riporterebbe le persone indietro, in un paese dove regna il caos, con abusi sistematici dei diritti di chi scappa da guerra e povertà e dove i centri per i migranti sono dei veri e propri lager», scrivono le organizzazioni.
Per una gestione dei flussi migratori che rispetti i diritti
Oxfam, Borderline Sicilia e Medu hanno dunque lanciato un appello urgente per «un radicale cambio di rotta» nella politica europea e italiana nella gestione dei flussi migratori.
In particolare, le richieste sono:
- una immediata revoca dell’accordo tra Italia e Libia;
- una revisione degli accordi con i paesi di transito finalizzata solo a favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi poveri e il rispetto dei diritti umani dei migranti, senza mirare al controllo delle frontiere;
- impedire agli Stati membri di stipulare accordi con i paesi di emigrazione o transito il cui governo e le forze di sicurezza non garantiscano il pieno rispetto dei diritti umani;
- attivazione dell’Italia per un intervento di identificazione precoce, assistenza e riabilitazione dei richiedenti asilo vittime di torture, come previsto dalla normativa europea;
- potenziamento di canali di immigrazione, sicuri e regolari verso l’Europa, facilitando i processi di ricongiungimento familiare e garantendo la possibilità di richiedere asilo nei paesi europei di arrivo;
- consentire rimpatri dei migranti dagli Stati Ue nei paesi di origine, solo attraverso procedure fondate sul rispetto dei diritti umani, e mai a condizioni che li possano mettere in pericolo.