Niger, morire in mezzo al deserto

52 profughi morti nei giorni scorsi nel viaggio verso la Libia. E non è un caso isolato

Se ne parla poco, ma la traversata del Mediterraneo non è l’unico tratto di viaggio pericoloso per i profughi che scappano dai paesi africani in direzione Europa. E neppure il più temibile, forse. C’è anche il deserto. Che tra le dune nasconde ormai un cimitero di sofferenze e speranze. E di tragedie. Come quella avvenuta qualche giorno fa in Niger, dove 52 persone hanno perso la vita. Lo hanno raccontato gli stessi sopravvissuti, 24 migranti, diventati 23 nel giro di poche ore a causa della morte di uno di loro appena arrivati a Seguedine, dopo aver camminato per un tempo indefinito nel deserto del Niger centrale. Tra quelli che sono scampati alla morte c’erano gambiani, nigeriani, senegalesi e ivoriani.

Il gruppo ha raccontato che alla partenza erano in 75, suddivisi su tre macchine. Nel viaggio verso il nord, a un certo punto, i trafficanti di uomini a cui si erano affidati li hanno abbandonati in mezzo al deserto. E per chi non è riuscito a continuare il cammino non c’è stato più nulla da fare: una volta trovati i sopravvissuti, infatti, le autorità sono andate alla ricerca dei 51 dispersi, ma non è stato possibile trovarli a causa di una tempesta di sabbia.

I 23 superstiti, invece, sono stati trasportati al centro di transito dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) di Dirkou, nel deserto del Niger. Lì hanno ricevuto le cure mediche e assistenza psicologica, oltre ad aver ricevuto aiuto per i rimpatri volontari.

deserto niger
Adoara, uno dei 23 sopravvissuti ritrovati nel deserto del Niger – Photo IOM 2017

Adaora, unica sopravvissuta nel deserto del Niger

La storia di questi 75 migranti, purtroppo, non è isolata. Tutt’altro. Il 9 giugno, per esempio, altri 92 sono stati salvati da un’operazione di ricerca e salvataggio dell’Oim. E tra loro c’erano anche 30 tra donne e bambini.

Chi ce la fa racconta storie di immensa sofferenza. Come Adaora (il nome è di fantasia), 22 anni, l’unica donna ad essere stata ritrovata in vita in un’altra missione di soccorso del 28 maggio scorso. Adaora, racconta l’Oim, aveva lasciato la Nigeria a inizio aprile nella speranza di trovare un futuro migliore in Europa. Con lei erano partiti da Agadez, in direzione della Libia, altri 50 migranti, tutti stipati a bordo di un furgoncino. Ma appena sei sono ancora vivi.

«Eravamo nel deserto da 10 giorni. Dopo altri cinque giorni l’autista ci ha abbandonato. Ci ha lasciato con tutti i nostri averi, dicendo che sarebbe tornato a prenderci in un paio d’ore, ma non è più tornato», ricorda Adaora.

La ragazza aveva lasciato la Nigeria con due care amiche, entrambe morte nel deserto. «Erano troppo deboli per continuare», racconta oggi Adaora. Che continua: «Abbiamo sepolto qualcuno, ma ce n’erano semplicemente troppi da seppellire e non avevamo la forza per riuscirci».

Nei due giorni seguenti, riferisce l’Oim, 44 migranti morirono e i sei sopravvissuti decisero dunque di iniziare il cammino alla ricerca di aiuto. «Siamo stati costretti a bere la nostra stessa urina per sopravvivere», racconta Adaora. «Non ce la facevo più a camminare. Volevo mollare».

Altri due migranti sono riusciti a trasportarla fino a quando hanno incontrato un altro furgoncino che li ha presi e trasportati fino alle autorità locali, che hanno quindi avvertito lo staff dell’Oim di Dirkou.

Durante tutto il tempo del viaggio verso il centro di Dirkou, Adaora era incosciente. Arrivata sul posto e ricevuta l’assistenza medica, la donna ha potuto fornire altri dettagli. Alle autorità ha dichiarato che quando era partita non aveva idea di quello a cui stava andando incontro, altrimenti non avrebbe mai lasciato la Nigeria, dove lavorava come infermiera.

Il progetto di salvataggio finanziato da Ue e Olanda

Secondo una nota diffusa dalla stessa Oim, da aprile a oggi sono state salvate oltre 600 persone attraverso una nuova operazione di ricerca e salvataggio condotta in Niger. Questo progetto è finanziato dal governo olandese e da un fondo fiduciario dell’Unione europea.

I trafficanti di persone stanno sfruttando nuove rotte migratorie nel corridoio nord, la rotta più affollata e importante nell’Africa centrale. Ed è proprio in questa area che lo scorso aprile è stato lanciato dall’Oim il progetto “Salvataggio di migranti e assistenza nella regione di Agadez” (Miraa).

Questa operazione proseguirà per dodici mesi e mira ad assicurare protezione ai migranti che si trovano in aree difficili da raggiungere, rafforzando anche la capacità di gestione della migrazione dello stesso governo del Niger.

«Stiamo migliorando la nostra capacità di assistere migranti vulnerabili abbandonati a nord di Agadez verso il confine tra Niger e Libia», dice Giuseppe Loprete, capo della missione Iom nel paese.

«Salvare vite nel deserto sta diventando più urgente di quanto sia mai stato. Dall’inizio dell’anno stiamo ricevendo frequenti chiamate per il salvataggio di vittime che si avventurano per questa rotta».

Il progetto Miraa è complementare alla maggiore iniziativa “Migrant Reource and Response Mechanism” (Mrrm), sviluppato dall’Oim Niger e finanziato sempre dal fondo fiduciario Ue. In questo caso l’obiettivo è mettere insieme e coordinare tutti i servizi e l’assistenza ai migranti, compresi i rimpatri volontari alle terre d’origine e alla conseguente reintegrazione nei rispettivi paesi da cui erano partiti i profughi.

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