In Sud Sudan si muore di fame
L'insicurezza alimentare ha raggiunto 6 milioni di persone, il dato peggiore di sempre
Il Sud Sudan viaggia a grandi passi verso la fame. Nonostante i piccoli miglioramenti registrati dagli ultimi interventi umanitari, infatti, il numero di persone costrette ogni giorno a cercare cibo per sopravvivere è enorme: l’insicurezza alimentare ha raggiunto ormai 6 milioni di persone, contro i 4,9 milioni dello scorso febbraio. Si tratta del dato peggiore di sempre rilevato nel paese.
L’ultimo aggiornamento è stato pubblicato la settimana scorsa dalla Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), il Quadro integrato di classificazione della sicurezza alimentare. Si tratta di una nuova valutazione stilata dal governo di Giuba, Fao, Unicef, Programma alimentare mondiale dell’Onu e altri partner umanitari. Ebbene, secondo questo autorevole studio, la definizione tecnica di “carestia” non si può più applicare alle contee di Leer e Mayandit dell’ex Unity State, contrariamente a febbraio. In altre due contee ritenute in precedenza ad alto rischio, Koch e Panyijiar, inoltre, pare che l’assistenza umanitaria abbia evitato un ulteriore peggioramento.
Tecnicamente la carestia può essere ufficialmente dichiarata solo quando ci sono condizioni ben determinate: almeno il 20% delle famiglie di una zona soffrono di carenza di cibo estrema con una capacità limitata di farvi fronte; i tassi di malnutrizione acuta devono superare il 30%; il tasso di mortalità giornaliera deve superare la media di due adulti per ogni 10.000 persone.
Detto questo, la situazione resta comunque drammatica. Circa 45 mila persone, si legge in un comunicato pubblicato dal sito della Fao il 21 giugno, «stanno ancora sperimentando condizioni catastrofiche per il grande numero di sfollati provocato dai conflitti e dallo scarso raccolto dello scorso anno. Queste popolazioni sono ora di fronte alla prospettiva della fame a meno che non arrivi una robusta assistenza umanitaria».
E la caduta della situazione pare interessare oramai ogni angolo del paese. Tanto che il numero di persone che vivono dove si ha una fame di “emergenza”, appena un gradino sotto alla “carestia” nella scala Ipc, è di 1,7 milioni, ben un milione in più di febbraio.
Sull’orlo del precipizio
Dominique Burgeon, direttore della divisione Fao per Emergenza e riabilitazione, non usa giri di parole e va dritto al punto.
«La crisi non è finita. Stiamo solo mantenendo le persone in vita. Ma sono ancora troppe le persone sull’orlo del precipizio, costrette a fare i conti con la fame. L’unico modo per fermare questa situazione disperata è fermare il conflitto, garantire l’accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari e consentire alle persone di tornare ai propri mezzi di sostentamento».
Insomma, nonostante i dati confermino un lieve miglioramento della situazione, pare che la parola d’ordine resti quella di non abbassare la guardia per evitare una ricaduta nella “carestia” nelle zone che finora sono state salvate a forza di interventi umanitari.
Per Joyce Luma, rappresentante e direttore del Programma alimentare mondiale in Sud Sudan, «i miglioramenti raggiunti nelle contee colpite dalla carestia mostrano cosa si può ottenere quando gli aiuti raggiungono le famiglie, ma il lavoro è ben lungi dall’essersi concluso».
Inoltre, per Luma è urgente un’inversione di rotta nella situazione della regione. «Questa è una crisi che continua a peggiorare, con milioni di persone che affrontano la prospettiva della fame se l’assistenza umanitaria dovesse cessare. La fine di questo conflitto è assolutamente necessaria».
Un milione di bambini malnutriti
Mahimbo Mdoe, rappresentante dell’Unicef nel paese, ha sottolineato:
«Più di un milione di bambini in Sud Sudan sono considerati malnutriti. L’insicurezza alimentare è una questione fondamentale, ma è anche la mancanza di assistenza sanitaria, la scarsità d’acqua e la mancanza di servizi sanitari e, soprattutto, il riuscire a raggiungere quei bambini che hanno bisogno di essere assistiti. Attualmente, troppe parti del paese rimangono irraggiungibili a causa del conflitto, lasciando centinaia di migliaia di bambini sull’orlo della catastrofe».
La malnutrizione acuta, del resto, rimane una grave emergenza sanitaria in varie parti del Sud Sudan, con indagini che mostrano la prevalenza di “malnutrizione acuta” al di sopra della soglia di emergenza stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità del 15 per cento. La situazione si prevede peggiorerà ulteriormente con la stagione magra che culmina in luglio – il periodo dell’anno in cui le alimentazioni domestiche in genere si esauriscono prima del raccolto successivo.
Le cause: guerra, raccolti andati male, prezzi alti
L’aumento dell’insicurezza alimentare è stato determinato dal conflitto armato, dai raccolti inferiori alla media e dall’aumento dei prezzi alimentari, oltre che dagli effetti dell’annuale stagione magra.
Nel sud-ovest del paese, fino a poco tempo fa il granaio del paese, ci sono livelli di fame senza precedenti, causati in gran parte dal conflitto. Le comunità agricole sono state costrette a varcare i confini e cercare un aiuto alla propria sopravvivenza nei paesi limitrofi, lasciandosi alle spalle campi non custoditi che ha portato gli analisti a prevedere un elevato disavanzo nazionale di cereali per il 2018.
Sulla riva occidentale del fiume Nilo, nell’angolo nord-est del paese, la fame si è moltiplicata dopo che il rinnovato conflitto ha provocato grandi spostamenti di popolazione e l’interruzione dei mezzi di sussistenza, dei mercati e dell’assistenza umanitaria.
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