Gas serra, Eni ed Exor tra le peggiori 30
Thomson Reuters: 100 aziende producono 25% emissioni globali. Tra queste pure Enel e Fiat
Tra le prime 30 compagnie che inquinano di più al mondo ci sono due italiane: Eni ed Exor SpA (oggi Exor NV, società di diritto olandese). Rispettivamente in 14esima e 27esima posizione. E scorrendo la classifica fino a quota 100 se ne incontrano altre due: Enel, 77esima, e Fiat Chrysler Automobiles NV, 94esima.
Questi quattro colossi, infatti, sono stati classificati tra le prime 100 aziende al mondo considerate in base agli impatti ambientali da un recente studio della Thomson Reuters, “Global 100 greenhouse gas performance: new pathways for growth and leadership 2017“.
Analizzando la ricerca si scopre che i danni provocati all’ambiente da questa manciata di multinazionali sono enormi. Da sole, infatti, le 100 compagnie, comprendendo anche le loro catene di valore, sono responsabili di circa il 25% di tutti i gas serra emessi in un anno dai 7 miliardi di abitanti del pianeta (i dati analizzati sono relativi al 2015).
Se non cambieranno in fretta il loro modo di produrre, dunque, ne potrebbe andare della salute dell’ambiente a livello globale. Secondo il report, «queste compagnie sono particolarmente importanti perché gli accordi sul clima di Parigi arriveranno difficilmente a offrire una soluzione sostenibile al cambiamento climatico senza la loro guida. Gli attori non-statali sono di un’importanza cruciale».
Lo studio è stato realizzato in collaborazione con Cdp, un’organizzazione non profit internazionale specializzata nella misurazione e rendicontazione ambientale, e Bsd Consulting, uno studio di consulenza globale sulla sostenibilità, con il contributo delle società Baker McKenzie, Kpmg e State Street Global Exchange.
La classifica globale dei gas serra
Complessivamente, nel 2015 le 100 compagnie considerate hanno prodotto 28,4 miliardi di CO2 equivalente. Tra loro, la peggiore è risultata una società indiana di estrazione di carbone, la Coal India, che da sola ha superato quota 2 miliardi (comprendendo sempre anche la relativa catena di valore).
Scendendo al secondo posto, si passa dal carbone al gas, visto che si trova la russa Gazprom, con quasi 1,25 miliardi. In terza posizione, invece, spunta per la prima volta il petrolio, con la multinazionale ExxonMobil (poco meno di 1,1 miliardi di CO2 equivalente).
In tutti e tre i casi, sottolineano i ricercatori della Thomson Reuters, si tratta dunque di compagnie che lavorano con carburanti fossili.
La presenza italiana
Non stupisce poi così tanto incontrare il colosso petrolifero italiano Eni in questa classifica, visto che ci sono diverse società dello stesso settore. Tra le altre, per esempio, spiccano China Petroleum & Chemical Corp (4a), Petrochina Company Limited (5a), Royal Dutch Shell Plc (9a), Petrobras (10a), Total (11a).
Il Cane a sei zampe, come detto, si trova in 14esima posizione, giusto dopo la società mineraria Bhp Billiton e appena prima di un’altra azienda del settore energetico, la BP (ex British Petroleum).
Exor e Fiat, responsabilità condivise
A una prima lettura sorprende scoprire che i ricercatori della Thomson Reuters abbiano deciso di inserire Exor, la società d’investimento controllata dalla famiglia Agnelli. Contattato da Osservatorio Diritti-ETicaNews, chi si è occupato dello studio ha risposto così: «Exor è stata inclusa a causa del suo interesse di controllo in emettitori (di CO2, ndr) globali molto grandi». E non è finita qui. «Presto pubblicheremo una nuova lista che include una gamma più vasta di queste entità».
Queste società, dunque, sono avvisate: saranno giudicate e ritenute responsabili non solo dell’inquinamento prodotto direttamente, ma anche di quello che fa capo alle aziende in cui investono.
Nel caso specifico, la Thomson Reuters precisa che la Exor si è piazzata in 27esima posizione a causa di tre investimenti pesanti per l’ambiente: Fiat Chrysler, Ferrari e Cnh Industrial. Stando così le cose, la presenza di Exor non è poi così strana. Limitando l’analisi alla top 30, infatti, si incontrano anche Toyota (20esima), General Motors (22esima), Volkswagen (24esima), Honda (29esima).
Le emissioni inquinanti, comunque, pare che saranno sempre ripartite tra i produttori indiretti di CO2, come Exor, e quelli diretti. Tanto che, come detto, al 94esimo posto si trova proprio Fiat Chrysler Automobiles NV.
Nessun doppio conteggio di emissioni
Questo non significa, però, che le stesse emissioni di CO2 – quelle della società d’investimento, Exor, e quelle della casa automobilistica in cui Exor ha investito, Fiat – siano state considerate due volte. Anche in questo caso, la domanda è stata girata da Osservatorio Diritti-ETicaNews a chi ha curato il rapporto.
«Ci sono tre punti da considerare», dice Timothy Nixon, uno degli autori del documento. Il primo: «Sia Exor, sia Fiat Chrysler hanno la possibilità di ridurre le emissioni, una come proprietaria e l’altra come manager del business. Il report che abbiamo pubblicato è pensato per indicare le entità che hanno un’opportunità significativa per condurre a miglioramenti per il clima e questo è vero per entrambe».
In secondo luogo, «quanto alla questione specifica del doppio conteggio (di CO2, ndr), lo affrontiamo utilizzando una serie di modelli per ridurre l’ammontare totale delle emissioni dopo che è stato sommato attraverso attori connessi in una catena di valori o di proprietà, come è il caso in questione. Nel nostro rapporto, utilizziamo un modello conservativo che riduce le emissioni totali per tutte le entità di poco più del 50% per rappresentare il doppio conteggio». In poche parole, quindi, non può accadere che le stesse emissioni siano conteggiate interamente sia alla società che investe, sia alle aziende oggetto dell’investimento.
Infine, dice ancora Nixon, «se avessimo lasciato fuori una o l’altra entità (Exor o Fiat, ndr), a quel punto si sarebbe attribuita tutta la responsabilità delle emissioni a solo un attore che ha il potere di cambiare la direzione di questa pratica; includendo entrambe le entità, e adattando il calcolo per il doppio conteggio, come spiegato sopra, creiamo un ammontare equo di trasparenza intorno a entrambi i potenziali leader».
In conclusione dunque, riassume l’autore del report, «entrambe le parti sono responsabili e devono prendersi la responsabilità del problema e della soluzione».
Il caso Enel
L’ultima società italiana che si incontra in questa classifica di grandi inquinatori, al 77esimo posto, è Enel. Ma, a differenza di molte altre, l’azienda pare essere trattata con un certo riguardo dai ricercatori. La società elettrica, infatti, è citata insieme a Nrg e Xcel Energy tra gli esempi virtuosi, tra quei gruppi cioè che «stanno mettendo in atto strategie per diversificare e “decarbonizzare” il proprio modello di business». «I loro piani, avviati almeno un decennio fa – sottolinea la ricerca – hanno dimostrato risultati e previsto un cammino verso un futuro di energia pulita che arriva fino al 2050».
Il trend
Il report sottolinea che le emissioni totali delle 100 aziende sono rimaste sostanzialmente invariate tra il 2014 e il 2015, «mentre sarebbero dovute diminuire». In questo stesso arco di tempo, infatti, i ricavi sono scesi del 20%, soprattutto a causa della volatilità dei tassi di cambio e dei prezzi energetici.
Gli studiosi, comunque, hanno notato anche come alcune aziende abbiano ridotto le emissioni più velocemente del ritmo a cui sono cresciuti i loro ricavi nel periodo considerato.
articolo co-prodotto da Osservatorio Diritti ed ETicaNews