La droga tra i banchi di scuola

Consumatori sempre più giovani, un fenomeno in piena espansione: l'analisi di don Mazzi

Era febbraio. Il cielo bianco di Milano assisteva alla prima di una lunga serie di dimostrazioni di forza della polizia meneghina. Elicotteri, camionette, ruspe. In tutto 60 carabinieri. Quel giorno finivano in manette 85 persone, dopo che a dicembre ne erano state arrestate altre cinque. L’accusa era spaccio di droga. Tra le vie Sant’Arialdo, San Dionigi e Fabio Massimo, e la parte di via Orwell che costeggia la massicciata della linea ferroviaria, si nasconde ancora adesso un centro dello spaccio aperto all’intera città: uomini e donne, italiani e stranieri, giovani e vecchi. Dai 400 ai mille al giorno nei periodi di fuoco, è la stima degli operatori.

I residenti conoscono da anni quella situazione. I giornali, quel febbraio, titolavano che l’eroina era tornata a Milano. “Come negli anni Ottanta”. La roba costa ancora poco, anche due euro 0,1 grammi: la dose per riprendersi quando si comincia a sentire astinenza. E c’è in giro la brown sugar, quell’eroina marrone, collosa, di qualità peggiore. Quella che fa più effetto e quella che una volta uccideva di più.

Da quel lembo sud orientale della città, il quartiere Rogoredo, c’è ancora una costante transumanza verso le vie più centrali. Alla spicciolata, ragazzi spesso giovanissimi, vengono a chiedere l’elemosina nelle vie intorno a corso Lodi, una zona più frequentata. Probabilmente per comprarsi un’altra dose. Questo fenomeno sta scemando, ma ancora non è concluso. Anzi. Le piazze dello spaccio continuano ad esserci: via Imbonati, a Melegnano (provincia di Milano), piazzale Gobetti. E anche qui i consumatori sono spesso giovanissimi. Le ruspe non possono distruggere lo spaccio.

Consumatori di droga sempre più giovani

Sono i ragazzi appena usciti dalle scuole medie i nuovi consumatori: già nel 2014-2015 uno studio condotto dal Cnr su un campione di 5mila quindicenni italiani affermava che il 2% di loro aveva provato l’eroina almeno una volta. Il doppio rispetto a indagini del passato. Lo psicologo Simone Feder, esperto di dipendenze, ad aprile, in una conferenza stampa al Boschetto della droga di Rogoredo diceva: «Oltre un terzo delle persone segnalate alle prefetture italiane come assuntori di sostanze ha un’età compresa tra i 14 e i 20 anni. In Lombardia nel 2015 su 2.562 persone segnalate alle prefetture, 375 erano minori».

Probabile che quei consumatori, così giovani, si siano stabilizzino, diventando futuri tossicodipendenti. «Non riusciamo a capire i motivi di tutto questo. I ragazzi sono così vuoti che non sanno cosa fare: la società ha tolto loro tutto», dice a Osservatorio Diritti don Antonio Mazzi, fondatore di Progetto Exodus, il centro per tossicodipendenti che sta al parco Lambro dal 1984.

«All’epoca c’era un sogno di libertà, c’era la politica, c’era un desiderio. Oggi non c’è più tenerezza, non c’è poesia, non c’è leggerezza».

I ragazzi sono pieni di un desiderio di senso che non riescono a colmare in alcun modo. Soprattutto non riescono a farlo insieme. Così quello che riportano le forze dell’ordine dopo gli sgomberi, sono le storie dei ragazzini che si nascondono negli stabili occupati del quartiere Rogoredo. Vite bruciate in fretta.

Non tutti vengono da Milano. A Radio popolare, in febbraio, due operatori della cooperativa Lotta contro l’emarginazione sociale fanno l’elenco: Torino, Vercelli, Novara, Valtellina, Mantova, Modena, Piacenza, Pavia. E da ben più fuori: Pescara, Roma, Ancona.

Segni che lo spaccio non è finito si trovano nelle pagine di cronaca cittadina. Il 15 maggio una Volvo V-70 è inseguita dalla Radiomobile in zona Rogoredo, già fuori dai confini della città. Quando la fermano, i carabinieri trovano a bordo 107 grammi di eroina e 1.500 euro in contanti, il prezzo di 14 grammi al saldo. Era l’auto di un fornitore degli spacciatori della zona.

Ma non è tanto la droga la preoccupazione di don Mazzi. Non ci fosse quella, ci sarebbe altro, con lo stesso effetto ottundente, capace di cancellare l’esistenza: l’eroina è una risposta qualunque per questi ragazzi.

«Negli anni Ottanta mi ricordo che arrivavano qui talmente fatti da mangiare la loro merda. Era un modo per distruggersi come un altro. Ci potrebbero arrivare anche oggi».

Non c’è nemmeno lo sballo, né una dimensione collettiva e festaiola della trasgressione. È solo una ricerca individuale di qualcosa. «Temo che siano i più intelligenti quelli che rischiano di prendere questa deriva», aggiunge don Mazzi.

Le ragioni del malessere

Il prete di strada se la prende con gli smartphone, con l’abuso di connessioni e di rapporti mediati via schermo. Se la prende con la scuola, con gli spazi che negano ai ragazzi risposte. Anche rispetto al cambiamento del loro fisico: «L’adolescenza è anticipata, l’esplosione del fisico non si contiene». Ma non ci sono più spazi dove condividere questo momento. Così si aumenta il rischio devianza.

«Almeno dai 5-6 anni ci siamo resi conto di questo fenomeno, soprattutto nelle scuole medie. Ci sono ragazzi che cercano risposte e quello che trovano, a scuola, per otto ore al giorno, è la costrizione del banco, la negazione del loro spazio».

L’incapacità di leggere l’età adolescenziale è il motivo, secondo don Mazzi, per il quale oggi non sappiamo giustificarci i fenomeni di devianza tra i più giovani.

«Dobbiamo smettere di pensare che la scuola sia il luogo dove apprendere. È il luogo dove si vive! L’adolescenza è stata considerata un’età di passaggio. È stata trascurata». Queste ne sono le conseguenze.

Don Antonio Mazzi si accede: agita le mani sulla sua scrivania a Exodus. Rigorosamente senza computer o smartphone. L’argomento del disinteresse per i giovani lo infiamma. Soprattutto per il silenzio che lo circonda. E perché, come tante questioni che riguardano il disagio, vengono tradotte in risposte “di sicurezza”, piuttosto che sociali.

«Credo che per uscirne l’unica strada sia recuperare la parola, trovare cose semplici per recuperare la fiducia dei più giovani, ricominciare a ragionare con loro. Noi che pensiamo di saperne di più, in realtà siamo i più cretini di tutti».

La mente corre alla Finlandia: è del 30 maggio la notizia della nascita delle scuole senza materia, proprio dai 12 anni. Per evitare il giogo delle nozioni, dicono. Chissà se è così si riesce a rispondere anche a quelle urgenze che popolano il Boschetto di Rogoredo.

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