«Difendi i diritti? Rischi ovunque»
Intervista esclusiva a Michel Forst, relatore speciale Onu sui difensori dei diritti umani
«Non esistono luoghi sicuri al mondo per i difensori dei diritti nel periodo storico in cui viviamo». Certo, si può dire che i paesi occidentali sono più tranquilli rispetto ad altre zone, ma se ci si occupa di migranti, per esempio, si hanno problemi anche da queste parti. In generale, «difendere l’ambiente o occuparsi di questioni scomode per il mondo degli affari vuol dire rischiare grosso». A volte si comincia con qualche telefonata intimidatoria e si prosegue con sparizioni, torture, omicidi. A sostenerlo in un’intervista esclusiva rilasciata a Osservatorio Diritti è il difensore dei difensori per eccellenza, Michel Forst, relatore speciale per le Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani ed ex direttore generale di Amnesty international Francia e della Lega contro il cancro. In passato, tra le altre cose, è stato anche a capo del settore “Scienze umane e sociali” dell’Unesco e segretario generale di Cimade, una organizzazione non governativa francese che si occupa di assistenza ai migranti e ai rifugiati. In questa lunga intervista Forst fa il punto della situazione e spiega quali sono i pericoli che affronta oggi chi lotta per la difesa dei diritti umani nel mondo.
Al giorno d’oggi, quali pensa che siano i temi più rischiosi da affrontare per un difensore dei diritti?
La maggior parte degli attacchi e dei rischi attualmente sono quelli contro chi sta lavorando sui diritti economici, sociali e culturali.
Può essere più preciso?
Vediamo attacchi contro i difensori dell’ambiente in diverse parti del mondo. Spesso in America Latina, ma anche in Africa, nei paesi del Golfo, in India. E anche in Europa.
È attaccato chi cerca di difendere i paesi colpiti dal cambiamento climatico, affrontando attacchi da diverse parti. A partire dagli stessi governi, che negano a questi difensori il diritto di difendere l’ambiente. E vediamo forti attacchi da parte anche di altri attori, come per esempio i media francesi da cui sono denigrati, sono chiamati eco-terroristi, accusati di essere nemici dello Stato, contrari allo sviluppo. E vediamo anche un numero crescente di attacchi arrivare dai parlamentari. Questi difensori stanno cercando di combattere per un futuro migliore nei loro stessi paesi e provano a difendere la terra e l’ambiente dei loro stati.
Chi altro è in pericolo, secondo la sua esperienza?
Attualmente sono a rischio quelli che hanno a che fare con gli affari e la responsabilità sociale d’impresa. Lo vediamo in diversi paesi, soprattutto nel campo dell’attività mineraria, dell’industria estrattiva, nella silvicoltura, ma anche nei mega-progetti. C’è un incremento del numero di questi attacchi da parte delle grandi compagnie che direttamente o indirettamente attaccano i difensori, anche perché sono spinte dagli stessi paesi, che non vogliono vedere questi difensori che cercano di proteggere la terra, l’ambiente. E si può notare anche che le compagnie stanno comprando laghi, foreste, fiumi e poi minacciano i difensori.
In generale, dunque, è a rischio soprattutto chi sostiene la terra, l’ambiente e chi ha a che fare con il mondo degli affari.
È così dappertutto?
Dipende dalla situazione del paese. È possibile vedere minacciati dei difensori attivi sui temi Lgbti in paesi africani, del Golfo e anche in Asia. A minacciarli sono gli stati, ma non solo. Ci sono anche gruppi religiosi e si può notare come in alcune zone il potere della religione sia molto alto. In diversi paesi, dunque, ci sono attacchi da gruppi differenti.
Quali sono le regioni al mondo più pericolose?
Oggi non esistono paesi completamente sicuri. Molte zone sono pericolose per i difensori dei diritti. I paesi in Europa, quelli occidentali, sono più sicuri degli altri, ma anche in Europa si vede un aumento degli attacchi contro i difensori.
A quali difensori pensa?
Soprattutto i difensori dei diritti dei migranti stanno subendo un attacco in diversi paesi, compresa l’Italia e compreso il mio paese, la Francia.
Sto tornando da una difficile missione fatta recentemente in Ungheria, dove ho incontrato anche diverse organizzazioni e vedo decisamente un aumento degli attacchi contro chi difende i diritti dei migranti.
Chi è il responsabile di questa situazione?
Ci sono attacchi da parte del governo, dei parlamentari. Si nota anche un crescente numero di dichiarazioni pubbliche fatte da ufficiali pubblici, membri del Parlamento, partiti di destra, movimenti che negano i diritti della popolazione di difendere i diritti dei migranti.
E naturalmente ci sono attacchi anche in altri paesi, in diverse parti del mondo.
Nel vostro ultimo rapporto si legge che il maggior numero di denunce di violazioni arriva dall’area dell’Asia-Pacifico: è quella la zona più pericolosa del mondo?
È difficile dare una risposta, perché non è il numero delle comunicazioni ricevute che danno un’immagine precisa della situazione. In diversi paesi i difensori non hanno la possibilità di parlarmi o di inviarmi alcuna comunicazione. Se prendi un paese come il Bahrein, o l’Arabia Saudita, o l’Oman, o altri della regione del Golfo, loro non hanno la possibilità di inviarmi comunicazioni o di incontrarmi. Per questo, non è possibile considerare il numero di comunicazioni come un indicatore. Possiamo parlare di America Latina, Africa, Asia in generale, ma non è possibile stilare una lista globale dei singoli paesi più pericolosi.
Che cosa rischiano i difensori dei diritti?
In molti paesi tutto comincia con delle minacce: i difensori ricevono delle telefonate, degli Sms, i loro social media sono violati da parte di differenti attori. Alcuni di loro poi vengono rapiti, arrestati e quindi torturati da ufficiali di polizia, a volte spariscono al punto che alla fine non si sa più dove siano. A quel punto è difficile capire anche chi siano i responsabili delle sparizioni: possono essere ufficiali, a volte attori non statali, gruppi armati. In diverse occasioni operano con la complicità del crimine organizzato, il che rende complicato dare un nome a chi commette queste azioni.
Quanto è complicato individuare i colpevoli?
Nei paesi in cui la situazione è molto dura, tesa, questo risulta più facile. Ma se si prende casi come il Messico, dove si ha un alto numero di omicidi di difensori, gli autori sono la polizia, l’esercito, la marina, o attori non statali e poi c’è anche il crimine organizzato, che fa sparire molti difensori, specialmente quelli che combattono la corruzione e la cattiva condotta di pubblichi ufficiali. In diversi stati si può vedere come il crimine organizzato si stia infiltrando tra i pubblici ufficiali, autorità, come tra gli uffici di procuratori generali e così si creano legami tra crimine organizzato, corruzione e azioni politiche che sono molto difficili da individuare.
Chi sono i soggetti più pericolosi per un difensore dei diritti?
In paesi con regimi autoritari, i funzionari sono i più pericolosi. Ma in altre la questione è più sofisticata. Prendiamo l’esempio dell’Europa: le minacce non arrivano dagli stati, ma vengono piuttosto da altri, come ufficiali pubblici, membri del parlamento, media.
In che modo i politici possono minacciare i difensori?
Quando si vede in Europa, per esempio in Ungheria, nella repubblica Cecena o in Polonia, le dichiarazioni di partiti politici o membri del parlamento contro i difensori, allora si capisce che anche partiti politici e parlamentari stanno attaccando o minacciando i difensori. Persino nel mio paese, in Francia, si possono vedere parlamentari che denigrano il lavoro dei difensori, soprattutto, ripeto, quelli che lavorano per i diritti dei migranti. E posso immaginare che anche in Italia ci siano partiti politici che stanno denigrando il lavoro di questi difensori, accusandoli di essere responsabili della situazione.
Alle elezioni in Francia uno dei candidati, Marine Le Pen, di un partito di destra, accusa stranieri, migranti, di essere i responsabili di tutte le malattie della Francia, e quelli che li stanno aiutando sono accusati di essere manipolati dalle organizzazioni di sinistra o da fattori esterni. Si può vedere quindi che anche in Europa c’è bisogno di difendere i nostri difensori.
Cosa ne pensa delle leggi anti-terrorismo applicate sempre più spesso da molti stati?
È davvero una minaccia per i difensori in molti paesi. In Francia, in Italia, anche in Africa, America Latina, in Asia, si può vedere paesi che sempre più spesso approvano leggi col presto dell’anti-terrorismo. Io non nego agli stati il diritto a proteggere i cittadini, ad approvare leggi per proteggere la popolazione contro il terrorismo. Ma quello che stiamo vedendo è un aumento degli attacchi contro i difensori con il pretesto di queste leggi, che si usano per registrare conversazioni dei difensori, per violarne i siti internet, per arrestare persone e fare perquisizioni negli appartamenti. E così si raccolgono dati relativi a persone che sono semplicemente difensori dei diritti e che sono accusati di essere legati al terrorismo, mentre hanno magari semplicemente un nome di origine islamica o vengono da paesi che sono considerati molto pericolosi per la nazione. Così in molti paesi si può vedere l’uso del pretesto delle leggi antiterrorismo per attaccare i difensori dei diritti.
In Italia da qualche tempo a questa parte si parla di “reati di solidarietà”. Alcune persone sono state accusate da autorità locali per aver aiutato in qualche modo i migranti. Cosa ne pensa?
È una situazione che alcuni governi negano. Dicono che non esiste, ma è vero il contrario. In Italia, in Francia e in altri posti ci sono esempi concreti di persone portate alla polizia o nelle aule di giustizia semplicemente perché cercano di dare supporto a donne, assicurare cibo, salute, una casa o semplicemente una ricarica del cellulare e poi sono accusate di fornire supporto illegale a migranti illegali. Ecco, i paesi che dicono che queste cose non esistono stanno semplicemente mentendo.
E l’Italia ammette l’esistenza di questo problema?
È difficile per me commentare in merito all’Italia perché non ho avuto la possibilità di condurre appropriate investigazioni. La situazione potrebbe essere simile a ciò che ho visto in Francia, in cui si nega l’esistenza di questi crimini, mentre di fatto esistono.
Nel nostro paese c’è stata ultimamente una grossa polemica contro le Ong che si occupano di operazioni di salvataggio in mare di profughi nel Mediterraneo, nella rotta tra la Libia e l’Italia. Cosa ne pensa?
Non capisco perché queste persone debbano essere screditate o attaccate da pubblici ufficiali. Loro sono difensori: le Nazioni Unite hanno una definizione molto ampia per dire chi sono i difensori dei diritti e non c’è bisogno di essere un’organizzazione di lungo corso o un membro di un’unione, ma semplicemente quelli che stanno proteggendo la lotta per il diritto di tutti sono difensori. Quindi un uomo, una donna, una famiglia che sta supportando un migrante illegale, cercando di salvare quelli che stanno affrontando un pericolo di vita, per le Nazioni Unite sono difensori e quindi protetti dal mio mandato.
Che cosa pensa della situazione dei difensori dei diritti umani in Italia?
Non voglio commentare la situazione in Italia. Sono qui in una visita non ufficiale e non ho avuto la possibilità di investigare.
Crede che la mafia sia un problema per i difensori dei diritti nel nostro paese?
Sì, naturalmente. Ho menzionato il fatto che quando ero in missione ufficiale in Messico ho visto il potere del crimine organizzato che si infiltrava anche negli ambienti ufficiali e possiamo dire che in Italia potrebbe essere lo stesso, ma per me è difficile essere preciso riguardo all’Italia perché non ho indicazioni precise di cosa sta accadendo qui.