Mediterraneo cimitero di bambini
Altri 31 migranti morti affogati al largo della Libia. Il centro Astalli parla di «ecatombe»
Il Mar Mediterraneo continua a inghiottire esseri umani. Soprattutto migranti. Con un particolare accanimento verso donne e bambini. Proprio ieri, al largo della città libica di Zuara, si è portato via per sempre la vita di altre 31 persone, per lo più ragazzini e ragazzine. È stata una giornata piena di emergenze, con quindici operazioni di salvataggio coordinate dalla guardia costiera italiana davanti alle coste della Libia.
Secondo le prime ricostruzioni, pare che il barcone su cui viaggiavano le vittime stesse trasportando circa 500 migranti quando, a un certo punto, per causa ancora da chiarire, si è ribaltato. Lo ha fatto sapere l’organizzazione non governativa Moas, che è stata impegnata nelle operazioni di soccorso insieme alla nave Fiorillo della guardia costiera.
Da inizio anno al 24 maggio, nel Mediterraneo sono già morte, o risultano disperse, 1.520 persone (dati Unhcr). Sono quasi un terzo in più rispetto allo scorso anno, fa notare un comunicato di Save the Children. Che sottolinea anche che «una persona su quattro tra le vittime e i dispersi potrebbe essere una donna o un minore, ma sappiamo che nei naufragi sono proprio loro i più vulnerabili e il numero potrebbe pertanto essere maggiore».
Secondo le stime dell’organizzazione, da inizio anno al 21 maggio sono sbarcati in Italia più di 48.500 migranti e, tra questi, oltre 7.100 erano minori, di cui in gran parte non accompagnati (almeno 6.200).
Il fondatore del Moas, Chris Catrambone, che sul suo profilo twitter ha postato le drammatiche foto delle operazioni di soccorso, commenta così:
«Non è la scena di un film dell’orrore, ma una tragedia reale che sta avvenendo adesso, alle porte dell’Europa».
Valerio Neri, direttore generale di Save the Children, invita a riflettere su quello che è accaduto con parole dure: «L’ennesima tragedia del mare avvenuta nelle scorse ore non può che metterci di fronte alle nostre responsabilità. I bambini che hanno perso la vita scappando da violenza e miseria, sono un oltraggio all’umanità intera».
Come evitare altre tragedie in mare?
Il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti, pensa alla situazione nei paesi di provenienza dei migranti e ribadisce l’urgenza di creare vie legali di accesso in Europa. «Alla vigilia del G7 chiediamo a istituzioni nazionali e sovranazionali di far cessare immediatamente l’ecatombe del Mediterraneo e di farsi carico di trovare soluzioni durevoli e pacifiche alle crisi umanitarie che in molte parti di Africa e Asia costringono alla fuga milioni di persone».
Per padre Ripamonti,
«Non è bloccando la migrazione che si risolverà un fenomeno complesso come quello della mobilità umana. È necessario intervenire sulle cause: porre fine a guerre, dittature, carestie e povertà strutturali. I potenti della Terra non possono ritenere di risolvere l’immigrazione con operazioni di deterrenza, di contenimento e di rafforzamento dei confini. È necessario mettere in atto una nuova politica di cooperazione e di sviluppo sostenibile per tutti».
Per Save the Children è inaccettabile che l’Europa rimanga inerme di fronte alla tragedia che continua a consumarsi alle sue porte.
«In coerenza con la propria missione fondativa, Save the Children sta lavorando per salvare vite umane in mare. Ma tale azione non è più sufficiente. Occorre uno sforzo congiunto in cui il rispetto dei diritti umani sia il fondamento di ogni azione».
Per l’organizzazione, dunque, «è indispensabile che la comunità internazionale, e in primo luogo l’Europa, moltiplichi gli sforzi per realizzare vie di accesso sicure dalle aree di crisi o di transito, per evitare che decine di migliaia di persone continuino a vedersi costrette ad affidarsi ai trafficanti, mettendo in serio pericolo la propria vita, per attraversare il Mar Mediterraneo».