«Il Wwf contribuisce al disboscamento»

Survival International ha premiato l'organizzazione del Panda col Greenwashing Award

Survival International contro il Wwf. Il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni contro l’organizzazione mondiale per la conservazione di natura, habitat e specie in pericolo. E in mezzo, tra i due giganti, un popolo e una foresta dell’Africa centrale.

Dopo anni di scontri pesanti tra i due organismi, Survival alla fine ha deciso di alzare il tiro. E ha usato parole pesanti. L’organizzazione che combatte per i popoli indigeni, infatti, ha annunciato che «il Wwf ha vinto il “Greenwashing Award” di Survival International per avere stretto partnership con sette compagnie che stanno disboscando quasi 4 milioni di ettari di foresta appartenenti ai pigmei baka e bayaka, nell’Africa Centrale». In particolare, accusa l’organizzazione, «il Wwf ha stretto partnership con i gruppi: Bolloré, Danzer, Decolvenaere, Pasquet, Rougier, Sefac e Vicwood» (scarica il rapporto di Survival).

La parola chiave è “Greenwashing“, ossia quella strategia di comunicazione che mira a costruire un’immagine pulita, ma falsa, da un punto di vista di rispetto dell’ambiente, per mascherare quello che in realtà sta provocando la propria attività. Survival, infatti, spiega che «il premio viene assegnato a compagnie o organizzazioni che spacciano la distruzione delle foreste dei popoli indigeni come iniziative di conservazione».

Al secondo posto della poco ambita premiazione è stata nominata la Wildlife conservation society (Wcs), con sede nello zoo del Bronx di New York, «anch’essa a causa delle sue attività nel bacino del Congo». In particolare, spiega l’organizzazione che ha messo in piedi questi riconoscimenti, «Wcs ha stretto partnership con due compagnie di taglio del legno che non avevano ottenuto il consenso dei popoli indigeni a operare nelle loro terre». Nel dettaglio, queste due compagnie sarebbero i gruppi Danzer e Olam.

LA MOTIVAZIONE

Survival, facendo riferimento a quanto pubblicato sul sito internet della stessa organizzazione nata per difendere la natura, fa notare come il Wwf descriva le compagnie di taglio del legno come «operatori forestali». E come, «secondo l’organizzazione, le sue partnership con queste aziende sono dirette a promuovere una gestione sostenibile della foresta».

Ebbene, secondo Survival sotto queste dichiarazioni si nasconde una realtà diversa. «In realtà, tuttavia, tutti i partner del Wwf sono stati accusati di taglio illegale e nessuno di loro ha ottenuto il consenso dei pigmei baka e bayaka», scrive ancora l’organizzazione che difende i popoli indigeni. Inoltre, Survival cita uno studio che «ha anche rivelato che approcci come quello del Wwf non hanno rallentato la distruzione della foresta pluviale del bacino del Congo».

L’organizzazione ricorda anche un rapporto del 2011 della ong Global Witness, in cui era dichiarato che le partnership «permettono ad alcune… compagnie partner di godere dei benefici derivanti dall’associazione con il Wwf e con il suo emblematico marchio del Panda, mentre continuano a tagliare alberi in maniera insostenibile, a convertire le foreste in piantagioni, o a commerciare legname ottenuto illegalmente».

Secondo Survival, inoltre, «le partnership violano anche la politica del Wwf stesso sui popoli indigeni, che prevede che tutti i progetti siano intrapresi con il pieno consenso delle comunità indigene».

L’organizzazione che ha organizzato il premio ha riferito anche alcune dichiarazioni raccolte tra i membri del popolo baka. Questa «è la foresta dei baka, che abbiamo conservato per lungo tempo. Sono i taglialegna che portano armi e i loro fratelli che cacciano tutti gli animali», avrebbe dichiarato un uomo. Mentre una donna baka avrebbe detto che ora «dobbiamo lottare contro tutto questo, perché la nostra foresta viene completamente distrutta».

IL COMMENTO DI SURVIVAL E LA (NON) RISPOSTA DEL WWF

Per il direttore generale di Survival, Stephen Corry, «i sostenitori del Wwf si sorprenderanno nell’apprendere che l’organizzazione lavora così a stretto contatto con i taglialegna che stanno distruggendo una delle più grandi foreste pluviali della Terra». Per Corry «le tribù del bacino del Congo, i suoi custodi originali, vengono messe ai margini e le loro società distrutte. In tutta l’Asia e l’Africa le grandi organizzazioni della conservazione stringono partnership con l’industria e il turismo e distruggono i migliori alleati dell’ambiente. È una truffa e sta danneggiando la conservazione».

E quindi, a cosa serve questo riconoscimento? Per Corry «forse questo premio incoraggerà qualcuno all’interno del Wwf e di Wcs a esercitare pressioni sulle loro stesse organizzazioni affinché si ravvedano. È arrivato il momento di ascoltare i conservazionisti indigeni».

Osservatorio Diritti ha contattato il Wwf Italia il 2 maggio scorso per dare la possibilità di spiegare quale fosse la posizione dell’organizzazione in merito alle accuse mosse da Survival. Il 4 maggio, il Wwf aveva comunicato di stare «aspettando notizie dall’internazionale» a cui era stata girata la domanda. Il 10 maggio, infine, Osservatorio Diritti ha chiesto nuovamente quale fosse la posizione dell’organizzazione, ma il Wwf, dopo due settimane dalla prima richiesta, non ha ancora risposto. Se dovesse farlo nei prossimi giorni, naturalmente, la replica troverà spazio su questo sito di informazione.

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