La grande difesa delle ong
Organizzazioni, terzo settore, chiesa e fondazioni sostengono chi fa salvataggi in mare
Parte il contrattacco in difesa delle organizzazioni non governative che si occupano di salvataggi in mare. Dopo giorni di silenzio, infatti, organizzazioni internazionali, terzo settore, chiesa cattolica e anche fondazioni bancarie si schierano con decisione a fianco delle ong attaccate nelle ultime settimane su diversi fronti.
A innescare il dibattito era stato il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, accusando chi fa azioni di ricerca e salvataggio di essere «taxi del Mediterraneo». Il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, aveva poi parlato di ong nate dal nulla tra il settembre e l’ottobre 2015 (cinque tedesche, una spagnola, una maltese), che «dimostrano di avere subito disponibilità di denari per il noleggio delle navi, per l’acquisto di droni ad alta tecnologia e per la gestione delle missioni, che sembra molto strano che possano aver acquisito senza avere un ritorno economico». E ultima, il 25 aprile, la portavoce di Frontex, Izabella Cooper, aveva detto che i trafficanti sfruttano «l’obbligo internazionale di salvare vite in mare».
Insomma, una serie di dichiarazioni che ha provocato la reazione compatta, e decisa, di tanti attori che si occupano a diverso titolo della gestione di fenomeni migratori. Che parlano ora di «una retorica pericolosa, che sposta il punto di vista dal reale problema: le morti in mare».
LA DIFESA DELL’OIM
Secondo Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), più cha parlare di “pull factor” (fattore di attrazione) da parte delle ong, bisognerebbe usare il termine “push factor” (fattore di spinta) legato alle condizioni di partenza.
Il portavoce dell’agenzia collegata alle Nazioni Unite ricorda che «le accuse di attrarre i migranti e facilitare i trafficanti erano già state mosse ai tempi di Mare nostrum, ma quando l’operazione venne chiusa non abbiamo visto una diminuzione delle partenze, bensì un aumento. In quel periodo ci furono anche più morti, e questo convinse l’Unione europea ad avviare Triton».
Per Di Giacomo, dunque, «la verità è che più di fattori di attrazione, bisogna parlare di fattori di spinta. E tra questi c’è sicuramente la situazione in Libia: qui i migranti subiscono violenze e abusi, ci sono bande che fanno una vera e propria “caccia al nero”. Partirebbero lo stesso anche in assenza di navi da salvataggio».
L’Oim dichiara dunque di essere preoccupata del dibattito scatenato negli ultimi giorni. «Queste polemiche rischiano di far dimenticare la questione umanitaria, e cioè che salvare vite umane è un dovere etico e morale, oltre che giuridico, e danno la percezione di qualcosa di profondamente sbagliato favorendo una percezione del fenomeno che non è quella giusta».
Dall’inizio dell’anno sono già quasi mille le persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa a fronte di 35 mila arrivi. L’anno scorso il numero era simile (oltre 900), ma con circa 10 mila sbarchi in meno. «Questo vuole dire che le ong stanno facendo un lavoro eccezionale perché in percentuale potrebbero esserci più morti, una vera ecatombe in mare», insiste Di Giacomo. «L’anno scorso su 181 mila arrivi, 40 mila salvataggi sono stati fatti dalle ong, mentre la maggior parte dalla Guardia costiera». Infine, conclude il portavoce Oim, «va ricordato che tutte le imbarcazioni che operano nel Mediterraneo lo fanno sotto il coordinamento della Guardia costiera, non c’è anarchia, non si fa niente autonomamente. Le ong sottostanno alle regole della Marina militare».
COSPE: «NASCONDONO FALLIMENTO UE»
Per la onlus Cospe «sorprende che al coro dei calunniatori si unisca con particolare accanimento un’alta carica istituzionale come il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio», dice il presidente Giorgio Menchini. Che legge così questa situazione: «Sono solo un volgare atto di sciacallaggio politico, ma si inseriscono in una strategia politica e mediatica che vede l’Unione europea impegnata a spostare gli interventi e l’attenzione dell’opinione pubblica fuori dai nostri confini, come dimostrano lo scellerato accordo con la Turchia prima, quello con il fantomatico governo libico poi e quello con il Niger, che sono a nostro avviso la dichiarazione di fallimento di ogni tentativo di gestione seria del problema dei rifugiati e dei migranti».
Secondo Menchini, dunque, le ong «rischiano di essere testimoni scomodi di politiche di esternalizzazione delle frontiere, di respingimenti operati dalla guardia costiera libica, di violazione sistematica dei diritti umani fondamentali lungo le rotte di transito dei rifugiati e dei migranti». E aggiunge: «Se la solidarietà diventa reato per questa Europa, allora siamo tutti colpevoli. Ma non rinunceremo mai alla difesa dei diritti delle persone e alla denuncia delle loro violazioni. Come abbiamo fatto fin dall’inizio, continueremo a sostenere Sos Mediterranée, un’operazione di soccorso in mare che esprime l’impegno unitario delle società civili italiana, francese, tedesca».
COMMERCIANTI DI ARMI
Guido Barbera, presidente di Solidarietà e cooperazione Cipsi, sostiene che «le accuse contro le ong, costantemente impegnate a tamponare le assenze della politica europea salvando vite nel Mediterraneo, sono strumentali e vergognose. Non solo l’Italia e l’Europa sono tra i principali commercianti di armi nei Paesi dai quali le persone fuggono, ma hanno facilitato e sostenuto gran parte dei conflitti che hanno destabilizzato molti paesi nell’ultimo decennio».
Per Barbera, quindi, «una presenza concreta e attiva dell’Unione Europea e dei suoi stati avrebbe evitato le oltre 30 mila vittime di questi ultimi anni» e «le accuse alle ong che intervengono faticosamente ogni giorno nel tentativo di salvare vite umane, intendono semplicemente scaricare responsabilità dei fallimenti o, peggio ancora, degli interessi politici».
Il presidente Cipsi conclude dicendo che «l’assenza e il fallimento delle istituzioni internazionali sono indiscutibili, così come gli interessi di molti stati. Mentre Frontex si limita a proteggere forzatamente i confini e l’Europa assiste indifferente, non è lecito attaccare il mondo del volontariato».
IL TERZO SETTORE PRENDE POSIZIONE
Anche il forum del Terzo settore ha deciso di intervenire dando forza all’appello delle maggiori reti del settore – l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale Aoi, il Coordinamento italiano dei network internazionali Cini, Link 2007 Cooperazione in rete.
«In particolare, ci corre l’obbligo di richiamare i rappresentati delle istituzioni a esercitare la propria funzione con equilibrio e lungimiranza, tenendo conto che da parte loro ci si attende un comportamento esemplare nei rapporti con le istituzioni, gli elettori e i corpi sociali attivi», scrive il Forum in una nota. «Il terzo settore italiano in questi anni ha continuato a svolgere un’importante attività di sostegno per quanti si trovano in una condizione di disagio, garantendo servizi e opportunità nonostante una crisi della iniziativa pubblica in settori chiave. Gli interventi di solidarietà internazionale e tutela di migranti e rifugiati sono soltanto l’ultimo esempio, di cui l’intero Paese dovrebbe essere fiero».
L’ANALISI DI DON ALBANESI
Anche il presidente della Comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi, ha deciso di sostenere la difesa delle ong. «La polemica esplosa in queste settimane sulla presunta non trasparenza dell’attività delle ong che operano nel Mediterraneo per salvare vite umane, in realtà mira a combattere non già le operazioni di salvataggio, ma la politica di accoglienza che l’Italia persegue nei confronti dei profughi», ha detto.
Secondo don Vinicio, «poiché non è possibile affermare “lasciateli affogare”, si aggira l’ostacolo mettendo in dubbio la correttezza delle ong impegnate nei salvataggi. Si insinua che possa esserci correità tra le ong e gli scafisti. Un dubbio raffinato quanto infame. I destinatari del messaggio non sono – come potrebbe sembrare – le ong, ma coloro che sono convinti di non avere alcun dovere nei confronti di rifugiati: è diventato un comune sentire in tempi di crisi e di rabbia».
Insomma, dietro a tutta questa polemica ci starebbe dell’altro. Motivazioni meno nobili e poco trasparenti. «Il messaggio sottolineato è “dobbiamo occuparci dei nostri problemi e le risorse non vanno sprecate con gente con la quale non abbiamo nessun legame e nessun dovere”. Non è un caso che alcune forze politiche in Francia, in Ungheria, in Polonia, in Italia, in Gran Bretagna e, recentemente, negli Stati Uniti, abbiano cavalcato questo messaggio che paga in termini di consenso: invece di affrontare i problemi dell’immigrazione, si sposta l’attenzione su chi salva, insinuando il dubbio che ci guadagnino».
Insomma, dice ancora il prete di Capodarco, «le ong che operano nel mare sono fuori da ogni collusione e correità con i mercenari. Si dica pure, se si ha il coraggio, ritiriamoci, e per chi muore “pazienza, non è un problema che ci riguarda”». E conclude: «L’Agenzia europea per la difesa delle frontiere (Frontex) ha già spiegato che cosa sta avvenendo. Poiché le navi di Frontex si sono avvicinate al limite delle acque territoriali libiche, per limitare il numero dei morti, i trafficanti hanno cambiato strategia: gommoni leggeri, senza pilota, con motori sottratti alla vista delle navi, risparmiando sulla spesa delle imbarcazioni e del carburante. Sono state salvate 90 mila persone; sono morte dall’inizio del 2017 oltre mille persone. Quante ne dovrebbero morire?».
L’INTERVENTO DELLE FONDAZIONI BANCARIE
Anche le fondazioni bancarie hanno deciso di entrare in questo dibattito. Può sembrare una presa di posizione insolita, ma va ricordato che sono tra le realtà che finanziano le ong al centro delle accuse. In particolare, nel luglio 2016 Fondazione Cariplo, Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariparma, Fondazione Cariparo e Fondazione con il Sud hanno stanziato 980 mila euro per le operazioni in mare o per i progetti di prima accoglienza a terra di Sos Méditerranée, Medici senza frontiere, Fondazione Francesca Rava, Emergency, Oxfam Italia, Rainbow for Africa Onlus (in partnership con Missionland, Waha, Engim internazionale), Comunità Sant’Egidio – Corridoi Umanitari.
«Confermiamo il nostro impegno a sostegno delle Ong che operano nel Mediterraneo e che salvano ogni giorno vite umane», ha detto Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Associazione delle fondazioni bancarie e delle casse di risparmio (Acri). «L’indiscriminato attacco alle ong, recentemente operato da più parti, dimostra, se non una pretestuosa intenzionalità, quanto meno una mancanza di conoscenza della loro attività e del ruolo più generale del Terzo settore nel nostro Paese», aggiunge in una nota Acri. Che dice: «Se vi sono responsabilità di singole ong che hanno operato al di fuori della legge, è bene che queste vengano accertate e perseguite. Al momento, tuttavia, vi sono solo ipotesi e non notizie di reato, che però, puntualmente e strumentalmente, sono state amplificate ed estese a tutta la categoria. Ciò mina il bene più prezioso di cui le nostre comunità possono disporre: la fiducia».
PER LA CHIESA SONO «POLEMICHE STRUMENTALI»
La chiesa cattolica difende ufficialmente le ong con monsignor Giancarlo Perego, direttore della fondazione Migrantes. «Se ci sono dei dubbi è necessario fare chiarezza proprio per salvaguardare il lavoro di tutte le ong e per la dignità dei richiedenti asilo e rifugiati», ha dichiarato all’agenzia Sir. Ciò su cui «non bisogna togliere l’attenzione è che finché non si creeranno canali legali di ingresso» l’opinione pubblica farà «l’equazione più grave», cioè che «viaggi e tratta delle persone stanno finanziando il terrorismo e la morte in Europa».
Monsignor Perego auspica che «le indagini non diventino strumentali e non distraggano l’attenzione dal problema vero, che è salvaguardare le vite di tanti richiedenti asilo e rifugiati». Il direttore della Migrantes ha aggiunto poi che «l’ipocrisia e la vergogna, come ha detto Papa Francesco recentemente, è di chi strumentalizza tutto ciò per non salvaguardare un diritto fondamentale in democrazia e soprattutto le vite umane, perché stanno morendo sempre più donne, uomini e bambini durante il viaggio e non solo nel Mediterraneo».
«Non e’ altro che una polemica strumentale per portare lontano dall’impegno vero che dovrebbe essere di tutti i Paesi europei e i cittadini di fronte a un dramma che sta crescendo e chiede più accoglienza, più Europa aperta, più capacità di fare un salto di qualità: organizzare canali umanitari e ricollocamento dei migranti nel contesto europeo, per dare un segnale di responsabilità».
I DIRETTI INTERESSATI
Tutti questi interventi si aggiungono a quelli diffusi nei giorni scorsi da diverse organizzazioni non governative. Intersos aveva dichiarato: «Siamo stanchi di aiutare bambini vittime di tortura, donne violentate e sentire basse e mal costruite invenzioni e strumentalizzazioni politiche. Il lavoro delle Ong nel Mediterraneo è salvare vite umane. Chi con navi proprie, chi, come gli operatori Intersos, in collaborazione con Unicef, partecipando alle operazioni di soccorso sulle navi della Guardia Costiera Italiana. Se siamo lì, è per fermare una strage. Se a qualcuno questo lavoro non piace, dica con chiarezza che preferisce un morto annegato ad un essere umano tratto in salvo».
Per la ong «il Mediterraneo è diventato un cimitero d’acqua dove in poco più di un anno sono morte oltre 5 mila persone: uomini, donne e bambini in fuga da guerre, violenze e povertà estreme, salpati dalle coste di un paese, la Libia, dove violenze e sopraffazioni nei confronti dei migranti sono una costante fuori controllo. Se siamo nel Mediterraneo è perché nel 2016 il numero di morti in mare ha superato ogni record. Una strage aggravata da politiche basate sulla chiusura e la militarizzazione dei canali di migrazione, a scapito del rispetto di diritti umani e dei fondamentali principi umanitari».
Save the Children aveva sottolineato che il 2016 è stato l’anno in cui nel Mar Mediterraneo si è registrato il più alto numero di morti in mare, oltre 5.000, e il 2017 potrebbe essere peggiore, visto che sono già 962 le persone che hanno perso la vita dall’inizio dell’anno. Per questo motivo, secondo la ong «è necessario continuare le operazioni di ricerca e salvataggio in mare, fino a quando non verranno introdotto vie alternative e sicure per consentire ai migranti di raggiungere l’Europa».
«La missione di Save the Children è quella di salvare i bambini e non possiamo rimanere a guardare mentre affogano nel tentativo di scappare dalla violenza, dalle persecuzioni e dalla povertà estrema. Per questo motivo dal 2016, con la nave Vos Hestia, abbiamo deciso di partecipare alle missioni di ricerca e salvataggio: salviamo le persone dal rischio di annegare e proteggiamo i bambini che sono i più vulnerabili, quando salgono a bordo della nostra nave», ha detto Valerio Neri, direttore generale dell’organizzazione.
Inoltre, «le operazioni della nave di Save the Children avvengono sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana e respingiamo con forza ogni accusa della più minima connessione con i trafficanti. La Vos Hestia opera solo in acque internazionali e non è mai entrata in acque libiche».