Attivista ritrovato vivo in Messico
L'americano Hugo Castro è stato preso e picchiato perché difendeva i migranti
Dopo aver temuto il peggio per cinque giorni, l’attivista e difensore dei diritti dei migranti Hugo Castro è stato ritrovato vivo. L’uomo era scomparso il 13 aprile vicino a Città del Messico ed è riapparso martedì 18 aprile a Tlalnepantla de Baz, nell’area metropolitana della città. Castro sarebbe stato picchiato duramente a causa delle sue attività in difesa dei migranti al confine tra Stati Uniti e Messico, ma se la caverà. Lo ha comunicato la moglie, Gaba Cortes, che ha condiviso su Facebook la notizia del ritrovamento: «Comunichiamo ai nostri amici, famigliari, che Hugo è stato trovato vivo». Castro è stato ritrovato in una strada grazie a una chiamata anonima all’ufficio che si occupa di persone scomparse.
Gaba Cortes ha aggiunto che «il suo stato di salute è delicato, però è vivo ed è ricoverato in ospedale con prognosi riservata». I familiari hanno fatto sapere che l’attivista è stato picchiato violentemente, ma non è in pericolo di vita.
I fatti
Castro stava partecipando alla “Caravana Via Crucis del Migrante 2017” a favore dei diritti dei migranti che ebbe inizio il 9 aprile in Guatemala e che doveva attraversare il Messico e terminare alla frontiera settentrionale del Paese, in Tijuana.
Il 13 Aprile Castro ha trasmesso un video-messaggio di richiesta di aiuto in diretta su Facebook. In preda all’agitazione, diceva di essere seguito da un gruppo di «criminali» e di aver paura per la sua vita. L’uomo spiegava anche che questo gruppo, da lui identificato come “adoradores de la muerte”, lo seguiva con l’intento di ucciderlo.
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«Mi hanno minacciato, vogliono uccidermi» diceva Hugo Castro nel video, chiedendo che qualcuno lo andasse a recuperare al km 37 dell’autostrada che da Città del Messico porta a Puebla. Da quel momento di lui non si sono avute più notizie. Fino a martedì, il giorno in cui è stato ritrovato vivo.
In difesa di Hugo
Dal giorno della scomparsa di suo marito, Gaba Cortes ha subito attivato tutti i canali possibili per le sue ricerche, compresi diversi appelli sui social media e video-messaggi su Facebook. Nel suo ultimo video lanciava un appello alle autorità statunitensi e messicane: «Pretendiamo che le autorità lavorino alle ricerche del difensore dei diritti umani Hugo Castro», diceva Cortes.
Numerosissimi i messaggi sulla pagina Facebook di Hugo Castro e gli appelli di attivisti, volontari e giornalisti che hanno conosciuto Castro in questi anni.
Hugo Castro, cittadino americano, è uno dei coordinatori di “Border Angels”, un gruppo di attivisti di San Diego che svolgono diverse attività a favore dei migranti.
Dal 1998 a oggi più di 6.500 migranti sono morti passando la frontiera tra Stati Uniti e Messico e una delle cause principali è la disidratazione. Per questo motivo, una delle attività degli “angeli della frontiera” è il “water drop” (letteralmente, la “goccia d’acqua”): viaggiano circa 3 ore da San Diego a Jacumbaa, un luogo sperduto nel deserto al confine tra stati Uniti e Messico, per lasciare taniche di acqua lungo le vie che percorrono i migranti.
Jonathan Yost, direttore del “Water Drop” per Border Angels, ha detto a Osservatorio Diritti: «Il ritrovamento di Castro è una bellissima notizia, sono molto felice. Lui è un esempio per tutti noi e ha fatto molto per il movimento per i diritti dei migranti e per l’umanità nel suo insieme».
Anche Enrique Morones, fondatore del gruppo Border Angels, ha detto alla Kpbs, una radio di San Diego, che Hugo Castro «è una persona amata da tantissime persone, sono sicuro che l’energia positiva e tutto l’aiuto che hanno dato così tante persone hanno giocato sicuramente un ruolo importante nel suo ritrovamento».
Difendere i diritti in Messico
I difensori dei diritti umani in Messico corrono diversi rischi. Secondo quanto ha dichiarato la compagna di Castro al procuratore della Repubblica, la sparizione di Hugo Castro ha a che vedere direttamente con il suo lavoro in difesa dei migranti senza documenti nel nord del Paese che spesso sono vittime di sequestri e minacce, ma anche di deportazioni notturne che li rendono ancora più vulnerabili e alla mercé di gruppi criminali.
«Il lavoro che stava svolgendo al nord del Paese e la sua lotta in prima persona ha sicuramente creato rumore e fastidio a chi invece lucra sui migranti», dice Gaba Cortes. Che ammette di temere non solo per la sua vita, ma anche per quella di Castro e di tutti gli altri volontari.
Nei giorni della scomparsa di Castro, in un’intervista alla Kpbs, Morones parlava di minacce di morte ricevute da Castro proprio per l’attività che svolgeva in particolare nella protezione dei migranti haitiani. «Queste persone che lo hanno minacciato stavano cercando di sfruttare i migranti haitiani che Hugo cercava di difendere».
Minacce di morte erano arrivate di recente anche da un tassista di Tijuana, il quale avrebbe detto alla moglie di Castro che lo avrebbe ucciso perché interferiva con il suo business di deportazione dei migranti. E Castro nel passato aveva denunciato diverse situazioni di maltrattamento da parte della polizia municipale e federale contro migranti e deportati.
«La sua sparizione purtroppo potrebbe essere correlata al suo attivismo», dichiarava qualche giorno fa Christian Ramírez, il direttore di “Coalición de Comunidades de la Frontera Sur”.
Sparizioni diffuse
Le sparizioni in Messico non sono una novità. E questa è una delle poche storie a lieto fine: solo nell’1% dei casi di sparizione si ritrovano le vittime o il corpo.
«È tragico dover constatare che, a causa della frequenza con cui si verificano, le sparizioni sono diventate quasi un aspetto della vita quotidiana», ha dichiarato Erika Guavara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
Secondo i dati ufficiali, in tutto il paese non si hanno notizie di 27.000 persone dal 2006, molte delle quali sono vittime di sparizione forzata. I difensori dei diritti umani e i giornalisti hanno continuato a subire minacce e vessazioni, oltre che ad essere vittime di aggressioni e uccisioni.
In un recente rapporto Amnesty International accusa le autorità federali e statali del Messico di «aver alimentato una crisi dei diritti umani di proporzioni endemiche a causa della loro sistematica incompetenza e della totale mancanza di volontà di svolgere ricerche e indagini adeguate sulla sorte di migliaia di scomparsi. Nei pochi casi in cui tali episodi sono stati indagati dalle autorità giudiziarie, i procedimenti si sono dimostrati generalmente viziati e le autorità non si sono impegnate per cercare le vittime. L’impunità per questi reati è rimasta pressoché assoluta».