Del Grande: «Mobilitatevi per me»
Il giornalista fermato in Turchia riesce a telefonare: «Sto bene, ma non rispettano i miei diritti»
Finalmente Gabriele Del Grande è riuscito a dare notizie di sé e a far sapere che sta bene. Ma la situazione non è ancora risolta. Tanto che il giornalista, blogger e regista ha lanciato un appello: «Da stasera inizio lo sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti». Si tratta della prima telefonata fatta dopo nove giorni di isolamento alla sua compagna, Alexandra D’Onofrio.
«I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo», ha detto. Spiegando che «la ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta». Secondo le prime informazioni circolate a questo riguardo, pare che Del Grande fosse in quella regione per lavorare al suo nuovo progetto “Un partigiano mi disse”, un libro sulla guerra in Siria e la nascita dell’Isis.
Del Grande è stato fermato il 9 aprile scorso ad Hatay, al confine tra Turchia e Siria. Il documentarista ha raccontato così la sua situazione: «Non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio cellulare e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato». E mentre telefonava ha raccontato di essere circondato da quattro poliziotti, aggiungendo anche che «non mi è stato detto che le autorità italiane volevano mettersi in contatto con me».
Il regista era in Turchia dal 7 aprile e ai familiari ha raccontato così quel che è accaduto: «Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento».
LA MOBILITAZIONE
Il mondo dell’informazione e diverse organizzazioni si sono attivate nei giorni scorsi sotto l’insegna «Gabriele libero subito» per chiedere la scarcerazione immediata. Arci nazionale è stata tra i primi a intervenire nella vicenda: «Ci uniamo alla sua famiglia nel chiedere che al più presto siano comunicate la data e le modalità del rilascio», si legge in un comunicato. «È nota, infatti, la durezza delle condizioni di vita nelle carceri di un Paese in cui, soprattutto dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza successiva al fallito golpe delle scorsa estate, c’è stata una forte stretta repressiva a scapito del rispetto dei diritti umani. E certamente la situazione di tensione determinata dalla contestata vittoria nel referendum costituzionale voluto da Erdogan non ci tranquillizza». Arci si augura quindi «il massimo impegno delle nostre rappresentanze diplomatiche in Turchia» e chiede «un intervento urgente del nostro ministero degli Esteri perché Del Grande venga immediatamente rilasciato e rimpatriato».
Per Amnesty international «Del Grande è vittima dell’autoritarismo turco, un sistema di purghe e caccia alle streghe su tutta la società che ha portato all’arresto di magistrati, avvocati, insegnanti, giornalisti, universitari». Prima della telefonata del giornalista, il portavoce, Riccardo Noury, aveva detto che la sua è «una detenzione arbitraria di una persona in stato di isolamento». In merito al fermo di Del Grande, Noury aveva anche specificato che «Gabriele non ha compiuto nessun reato e se il motivo della detenzione è davvero la mancanza del permesso stampa, non è giustificabile un fermo così lungo». Inoltre, «la zona in cui si trova Gabriele è una zona militarizzata e in stato di emergenza, dove le condizioni per uno stato di diritto sono assenti».
Anche la la Federazione nazionale della stampa (Fnsi) è intervenuta. «Da giorni Gabriele Del Grande si trova in stato di fermo, sempre in attesa di essere rilasciato. Le autorità turche hanno garantito a quelle italiane che la sua liberazione potrebbe essere imminente, ma sarà bene non abbassare la guardia e continuare ad “illuminare” la sua vicenda sino a quando non sarà davvero rientrato in Italia», avevano sottolineato il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti. Che hanno ricordato anche «l’arresto di migliaia di oppositori e la chiusura quasi totale di tutti i media non allineati» prima delle elezioni e che «nelle carceri restano oltre 100 cronisti in attesa di processi affidati ad una magistratura che ha già subito un pesante processo di epurazione».
L’ANALISI DI MARCO CESARIO
In un’intervista rilasciata ad Ambra Notari dell’agenzia Redattore Sociale il 14 aprile, il giornalista e scrittore Marco Cesario si è schierato al fianco di Del Grande. Ricordando anche che il blog di Gabriele, Fortress Europe, «è una pietra miliare dal punto di vista giornalistico e documentario sullo studio e sulla tragedia dei naufragi del Mediterraneo: Gabriele è stato il primo a porre l’accento sulla più grande tragedia del Ventunesimo secolo, anche per questo la sua testimonianza è molto importante».
Lo scrittore, autore tra l’altro del libro “Sansur: censura. Giornalismo in Turchia”, ha anche detto che «per il governo turco una persona come Gabriele che indaga sulle condizioni e sui fenomeni migratori in queste zone di non diritto è necessariamente una persona scomoda: non mi sorprende il fatto che le autorità turche lo abbiano trattenuto più del previsto. Il confine turco-siriano è zona off limits per diverse ragioni: innanzitutto è una zona in cui si svolge una battaglia spietata».