Attivisti ucraini dietro le sbarre

Parlamento Ue chiede alla Russia di liberare cittadini ucraini arrestati per dissenso su Crimea

Il Parlamento europeo chiede al governo di Vladimir Putin di rilasciare i cittadini ucraini detenuti «illegalmente, sia in Russia sia nei territori temporaneamente occupati dell’Ucraina». La presa di posizione è stata ufficializzata con la risoluzione approvata il 16 marzo. Sono più di 30 gli attivisti del movimento Euromaidan reclusi in ospedali psichiatrici, istituti di pena o obbligati agli arresti domiciliari. Si tratta di giornalisti, esponenti politici e professori universitari accusati di reati come terrorismo o incitazione al separatismo. Una volta arrestati, secondo le organizzazioni umanitarie, viene negato loro il diritto alla difesa e in molti casi sono sottoposti a torture e trattamenti inumani.

IL REGISTA E LA STATUA DI LENIN

Oleg Sentsov sta scontando 20 anni nel carcere di Yakutsk, in Siberia. Il regista e scrittore ucraino, nato a Simferopoli (Crimea), è stato arrestato l’11 maggio del 2014 e poi condannato il 20 agosto 2015 per terrorismo. A lui è dedicato il documentario di Askold Kurov e Andriy Lytvynenko “The Trial: The State of Russia vs Oleg Sentsov”, presentato al festival internazionale di Berlino dello scorso febbraio.

Conosciuto per aver diretto film come “Gamer” o “The Horn of a Bull”, anche Sentsov ha fatto parte del movimento Euromaidan: in particolare, aveva portato cibo e altri beni di prima necessità ai soldati ucraini durante la crisi in Crimea. Il regista è stato arrestato dai servizi segreti russi (Fsb), insieme agli attivisti Gennady Afanasyev,  Alexei Chirnigo  e Olexandr Kolchenko: tutti accusati di aver pianificato azioni terroristiche contro i monumenti pubblici di Sinferopoli, Yalta e Sebastopoli. A differenza dei primi due, Sentsov e Kolchenko non hanno mai confessato o accettato le accuse.

«Per tre anni sono stato rinchiuso in una prigione, per tre anni è stata condotta una guerra contro il mio paese. Il nemico combatte come un codardo, pretendendo che la mia vicenda non abbia nulla a che fare con tutto questo. Nessuno gli crede, ma nessuno riesce a fermarlo», ha scritto Sentsov in una lettera trapelata dal carcere e pubblicata dai media lo scorso settembre 2016.

CONFESSIONI ESTORTE

Secondo gli inquirenti russi, dal 1994 al 1996 gli ucraini Stanislaw Klykh e Mikola Karpiuk avrebbero fatto parte di un gruppo di guerriglieri responsabili della morte di 30 soldati russi in Cecenia.  Per questo motivo, il 19 maggio 2016 i due – un professore di storia e uno dei fondatori del gruppo di estrema destra Pravyi Sektor – sono stati condannati rispettivamente a 20 e a 22 anni di reclusione dalla corte suprema cecena. E il 26 ottobre 2016, la sentenza è stata confermata anche dalla corte suprema russa. Per quanto riguardo il capo di imputazione, non esisterebbero prove capaci di collocare i due in Cecenia nel periodo indicato dall’accusa. «Karpyuk era in Ucraina, ad assistere sua madre in punto di morte, mentre Klykh era uno studente impegnato con gli esami», spiega l’organizzazione non governativa.

Secondo Amnesty International Klykh e Karpiuk hanno confessato con la forza. Durante la loro reclusione, hanno denunciato di essere stati sottoposti a torture fisiche e mentali. A Klykh, ad esempio, sarebbero state somministrate vodka e sostanze psicotrope, sarebbe stato colpito più volte con scosse elettriche, appeso alle sbarre della cella e costretto in regime di isolamento per più di un anno. Un trattamento che gli avrebbe causato gravi squilibri mentali.

IL GIORNALISTA CHE TIFAVA SEPARATISMO

Mykola Semena è stato arrestato per un reato che, prima dell’annessione della Crimea, non esisteva nel codice penale russo: istigazione alla violazione dell’integrità territoriale.

Giornalista apprezzato nel paese, Semena collaborava con Radio Free Europe/Radio Liberty. L’11 settembre 2015 fu pubblicato un suo articolo in cui si esprimeva in favore del blocco di merci, alimenti ed energia dall’Ucraina come primo passo per la liberazione del territorio della Crimea. Un testo scritto che,  per il procuratore generale responsabile delle indagini, Natalia Poklonskaya, «forniva una giustificazione per reati di sabotaggio ed estremismo e allo stesso tempo incitava all’odio etnico».

Il 19 aprile 2016, Semena fu così arrestato e, una volta rilasciato dal carcere, fu condannato agli arresti domiciliari in Crimea. Secondo alcune associazioni umanitarie, le condizioni di salute del giornalista starebbero peggiorando e per questo motivo dovrebbe lasciare la regione per tornare a Kiev. Il processo nei suoi confronti è iniziato solo a febbraio.

ATTIVISTI TATARI NEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI

Nella sua attività giornalistica, Semena si era occupato anche della discriminazione e repressione nei confronti dei tatari di Crimea, popolo di etnia turca che vive nella penisola del Mar Nero. A partire dal 2014, secondo organizzazioni umanitarie come Kharkiv Human Rights Protection Group, o Memorial, la maggior parte degli attivisti ed esponenti politici che lottano per una maggiore autonomia sono stati arrestati per terrorismo o confinati all’interno di ospedali psichiatrici.

Come Ilmi Umerov, esponente del Mejlis, l’organo rappresentativo dei tatari, dichiarata organizzazione estremista dalla corte suprema locale. L’uomo, che si era più volte espresso contro l’occupazione e la repressione delle autorità russe, è stato detenuto in una struttura di Sinferopoli per più di venti giorni, per poi essere rilasciato l’8 settembre 2016. E secondo l’avvocato Emil Kurbedinov, da dicembre 2016 a marzo 2017 sono stati almeno 10 gli attivisti tatari rinchiusi in un ospedale psichiatrico. «Alcuni sono stati posti in isolamento, altri invece vengono stipati in stanze con pazienti psichiatrici», ha raccontato al Guardian.

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