La Siria di oggi e di domani
I gas tossici uccidono decine di civili e fanno sprofondare il paese nella barbarie
La guerra in Siria sprofonda – ancora una volta – nell’abisso della barbarie*. Martedì 4 aprile diverse decine di civili, tra cui più di dieci bambini, sono morti a causa di gas tossici. È avvenuto nella città di Khan Shaykhun, nella provincia nord-occidentale di Idlib, in una zona controllata dai ribelli. Resta da capire se siano state utilizzate armi proibite durante un raid aereo oppure se, come sostengono Mosca e Damasco, sia stato colpito un arsenale da cui sarebbero poi fuoriusciti gli agenti tossici. Fatto sta che la tragedia ha provocato subito una condanna unanime da parte della comunità internazionale. Colpita anche dalle immagini crude che stanno circolando in queste ore.
Ma non è la prima volta che il paese raggiunge livelli di umanità tanto bassi in questi sei anni di guerra, anche tralasciando per un attimo episodi simili già accaduti in passato (come quello dell’agosto del 2013 nel sobborgo di Damasco di Ghouta, dove c’erano state centinaia di vittime).
In appena una settimana di vita, infatti, Osservatorio Diritti torna su questo argomento già per la terza volta. Proprio il 4 aprile avevamo denunciato l’uso dello stupro come come arma di guerra in Siria. Un sistema più nascosto di combattere, senza aerei nei cieli o bombe che ammazzano e distruggono edifici. Ma altrettanto capace di lacerare vite umane e di lasciarle a brandelli.
Oggi, inoltre, abbiamo deciso di dare spazio al rapporto “Pronto a esplodere” di Medici senza frontiere. Un documento che raccoglie le testimonianze di dottori, pazienti e delle loro famiglie nel nord della Siria, dove centinaia di persone sono state uccise o mutilate da ordigni posti per strada, nei campi, nelle case.
NON SOLO SIRIA
Verrebbe da pensare che quello siriano, dunque, sia un conflitto anomalo, uno dei pochi a non rispettare alcuna regola internazionale. Ma non è così, purtroppo. Se da una parte è vero che c’è guerra e guerra, è vero anche che queste violazioni dei diritti umani, o altre magari peggiori, fanno parte spesso dei conflitti armati in diverse parti del mondo.
Lo stupro come arma di guerra, per esempio, è stato utilizzato in Bosnia, Rwanda, Messico, giusto per fare qualche esempio. Così come l’uso di armi illegali leggere o di piccolo calibro ha portato morti, feriti, profughi interni, rifugiati, stupri ed erosione della coesione sociale in tanti paesi africani (leggi l’articolo “Le armi che devastano l’Africa“).
E poi basta andare indietro di pochi decenni per vedersi spalancare un mondo di orrori. A cominciare dalle bombe nucleari sganciate durante la seconda Guerra mondiale (vedi lo stato dei negoziati in corso per la messa al bando di questi ordigni), o dai bombardamenti al napalm della guerra del Vietnam. O dai troppi esempi di torture di vario tipo ideate nell’Europa nazi-fascista.
Tutti episodi che hanno un minimo comune denominatore che ha attraversato tutto il Ventesimo secolo, e ancor più il Ventunesimo: la maggior parte delle vittime di questi scontri sono civili.
RISPOSTE DI OGGI E DI DOMANI
Di fronte a questo nuovo insulto all’umanità, dunque, è necessario un duplice approccio. Da una parte, bisogna affrontare la situazione caso per caso, nell’immediato, senza mai stancarsi: rimanere inermi di fronte a queste violazioni dei diritti umani ci renderebbe complici. È urgente, dunque, individuare i responsabili di queste azioni e trovare un modo per fermare la barbarie al più presto.
Per farlo è importante che i singoli paesi imparino a dialogare con serietà, cedendo anche un po’ della propria sovranità in nome di un bene superiore, quello della pace. E lasciando da parte soluzioni che rischiano di portarci di nuovo al punto di partenza, come tante “guerre giuste” ci hanno già mostrato con migliaia e migliaia di “vittime collaterali”.
Dall’altra parte, dicevamo, è fondamentale elaborare anche una strategia a lungo termine, una cornice condivisa da tutti, per ridurre la possibilità che atrocità del genere continuino a verificarsi. Ricette magiche, naturalmente, non ce ne sono.
Ma qualche passo nella giusta direzione ce lo si può immaginare. Come la messa al bando di ogni ordigno nucleare di cui si discute in questi giorni. O la creazione di leggi internazionali più trasparenti in materia di finanziamento al commercio di armi, così da chiudere i rubinetti di organizzazioni criminali e regimi capaci di agire nell’ombra. E ancora, è importante che organi di giustizia come la Corte penale internazionale possano funzionare a pieno regime ed occuparsi di tutte le violazioni dei diritti umani, indipendentemente dal fatto che un paese ne abbia sottoscritto o meno la partecipazione.
Insomma, bisogna inventarsi qualcosa, un pezzettino alla volta, con pazienza. Per togliersi via il fango dei bombardamenti a gas, degli stupri di guerra, delle mine antiuomo. E smettere così di affondare nella barbarie, come sta facendo la Siria di questi giorni.
*Il primo paragrafo di questo editoriale è stato parzialmente cambiato la sera del 5 aprile in seguito alle dichiarazioni di Mosca e Damasco, dato che non ci è possibile verificare sul posto che cosa abbia portato davvero alla diffusione di gas tossici.