La mafia non è più soltanto cosa “nostra”. Se fino a qualche decennio fa il nostro Paese si autoproduceva tutte le maggiori organizzazioni criminali responsabili di gravi violazioni di diritti umani in Italia, oggi le cose sono cambiate. E così la mafia delle mafie, quella siciliana, così come la ‘ndrangheta, la camorra, la sacra corona unita o la più recente “mafia capitale” hanno iniziato a convivere, e a fare affari, con gruppi arrivati dall’estero.
La tratta di esseri umani, il traffico e lo spaccio di droga, lo sfruttamento della prostituzione e dell’accattonaggio sono diventate spesso attività ad alta specializzazione in mano a organizzazioni originarie dell’Africa, dell’Europa dell’Est o dell’Asia. Insomma, per comprendere il fenomeno – e imparare a contrastarlo – è necessario guardare oltre i confini nazionali.
“Mafie straniere in Italia – Come operano, come si contrastano” è un libro a cura di Stefano Becucci e Francesco Carchedi (FrancoAngeli, 2016) denso di informazioni che aiuta proprio ad approfondire questa tematica, fuggendo da ogni tentazione di superficialità. E partendo da una considerazione preliminare: «Si assiste da alcuni decenni a questa parte al crescente coinvolgimento di cittadini di origine straniera in reati di vario tipo, in qualità di vittime (in grande maggioranza), in qualità di autori comuni e, in misura minore, di reati molto più gravi di tipo organizzato» e «questi ultimi sono perpetrati da gruppi criminali che rappresentano soltanto un segmento marginale dell’universo delle comunità immigrate insediate nel nostro paese negli scorsi decenni».
Chiarito questo, il volume, 240 pagine in tutto, esamina le associazioni criminali di origine straniera attive in Italia basandosi su una duplice prospettiva: quella del ricercatore sociale, nella prima parte, e quella dell’operatore del diritto, nella seconda.
Ogni sezione è divisa in capitoli focalizzati su precise realtà, dando così la possibilità al lettore di saltare da un capitolo all’altro in base ai propri interessi senza essere costretto a seguire un complicato e lungo discorso sviluppato in molte pagine.
COME OPERANO
Nelle prime 144 pagine i ricercatori ricostruiscono le caratteristiche più importanti di questi gruppi, individuati in base ad alcuni elementi. In particolare, Francesco Carchedi, Stefano Becucci, Enzo Ciconte, Ombretta Ingrascì e Marco Omizzolo hanno preso in considerazione «lo spessore criminale raggiunto, la capacità di muoversi agevolmente in differenti aree geografiche, l’articolazione e la complessità delle attività illecite, le relazioni con la criminalità mafiosa autoctona e, infine, la forza intimidatrice che esercitano sul tessuto socio-economico entro il quale operano».
Una lunga e paziente ricerca, dunque, che fa luce su almeno cinque realtà sempre più rilevanti nella violazione dei diritti umani nel nostro Paese (e non solo): la criminalità transnazionale nigeriana, la criminalità organizzata cinese, la criminalità mafiosa albanese, quella mafiosa russa, ucraina e georgiana, il sistema criminale degli indiani punjabi in provincia di Latina.
COME SI CONTRASTANO
La seconda parte è opera di magistrati che operano da anni nel contrasto a queste mafie e si concentra su norme e strumenti operativi esistenti, o ritenuti necessari, per condurre questa lotta. In queste pagine si possono leggere gli interventi di Maria Grazia Giammarinaro, Silvia Perrucci, Ettore Squillace Greco e, di nuovo, Franscesco Carchedi.
In questo caso l’analisi parte da una presentazione della legislazione antimafia e dalla sua applicabilità nel contrasto alla criminalità di origine straniera, passa quindi alla presentazione dell’esperienza del distretto di Milano e continua quindi approfondendo il tema della cooperazione giudiziaria e investigativa a vari livelli e alla luce anche di protocolli e trattati internazionali. In conclusione, infine, sono riportati alcuni interventi effettuati dalle unità operative antitratta delle polizie europee e vengono fatte delle riflessioni partendo dai risultati di questionari che sono stati compilati dai funzionari dei ministeri dell’Interno di una ventina di Paesi dell’Unione europea.