In Brasile è strage Lgbt
Nel 2016 sono state uccise 343 persone per omofobia nel paese Sudamericano
Dandara dos Santos, transgender di 42 anni, è stata assassinata a Fortaleza, in Brasile, il 15 febbraio scorso. I suoi carnefici l’hanno torturata e hanno postato il video sul web. Ricoperta di sangue, non riusciva più ad alzarsi e l’hanno presa a calci e pugni. Poi, non contenti, l’hanno messa su una carriola e portata via. L’hanno uccisa non lontano dal luogo della tortura. Il suo crimine era essere una lei nel corpo di un lui. L’odio e l’intolleranza l’hanno uccisa.
Dandara è entrata a fare parte della triste statistica che ha tinto di rosso l’arcobaleno e che ha reso il Brasile il campione mondiale di crimini contro le minoranze sessuali. Secondo il report del progetto Chi ha ucciso oggi l’omofobia pubblicato dal gruppo Gay da Bahia, infatti, nel 2016 è stata assassinata nel Paese una persona Lgbt ogni 25 ore.
Secondo i dati della ricerca, il numero delle vittime Lgbt è cresciuto in modo allarmante balzando dai 130 omicidi del 2000 ai 343 nel 2016. Per Luiz Mott, antropologo e responsabile del progetto Chi ha ucciso oggi l’omofobia, «queste cifre sono solo la punta di un iceberg di sangue e violenza. Non ci sono statistiche governative sui crimini d’odio, tali numeri sono sempre scarsamente segnalati. La nostra banca dati si basa sulle notizie pubblicate sui giornali, in internet e su informazioni personali. La mancanza di statistiche ufficiali, a differenza di quanto accade negli Stati Uniti, è la prova della incompetenza e omofobia governativa». E quest’anno i numeri potrebbero crescere ancora. Il contatore delle vittime localizzato sul sito del progetto rileva che da gennaio a oggi sono già state assassinate 93 persone Lgbt, praticamente una vittima al giorno.
Il clima crescente d’intolleranza è anche un riflesso della polarizzazione politica avvenuta negli ultimi anni e che ha portato all’impeachment la presidente Dilma Rousseff. La destra e le campagne contro i diritti delle donne, indios e Lgbt sono uscite alla scoperta e hanno guadagnato anche rappresentanza politica, come l’omofobico Jair Bolsonaro, candidato alle presidenziali 2018.
Anche la ricerca Trans Murder Monitoring project (Tmm) del Consiglio europeo transgender (Tgeu) sulle vittime di violenza transfobica conferma che il Brasile ha il triste record nel mondo di omicidi di persone transessuali e transgender: 900 negli ultimi otto anni. Al secondo e terzo posto si trovano Messico (271 vittime) e Stati Uniti (154). Oltre che il più alto numero al mondo in termini assoluti, il Brasile è pure il quarto Paese in percentuale di omicidi rispetto alla popolazione, anche se i dati di questa ricerca sono parziali e si basano sui casi monitorati a partire dalle notizie apparse sui media.
La certezza dell’impunità ha fatto sì che gli assassini di Dandara registrassero la scena della tortura e la pubblicassero sul web. Secondo il report Chi ha ucciso oggi l’omofobia, infatti, solo il 17% degli omicidi è stato identificato (60 dei 343) e meno del 10% dei casi ha portato alla fase di apertura delle indagini e alla punizione dei criminali.
Il piano di questi criminali, però, è naufragato. Grazie al video diventato virale in pochi minuti e alla pressione della stampa e delle organizzazioni locali per i diritti umani, le forze dell’ordine hanno potuto identificare i colpevoli e 8 di loro sono stati arrestati. Tutti giovanissimi, di cui quattro tra i 16 e 17 anni.
L’assassinio di Dandara ha fatto nascere la campagna online con l’hastag #PelaVidaDasPessoasTrans (per la vita delle persone trans) e forse qualcosa si sta muovendo anche a livello governativo. Il disegno di legge 7582/2014, che criminalizza le discriminazioni sociali, dovrebbe tornare infatti all’ordine del giorno e andare in commissione per essere votato nella Camera dei deputati. La proposta ha lo scopo di punire la discriminazione in base alla classe e all’origine sociale, all’orientamento sessuale, identità di genere, età, religione, disabilità, migranti, rifugiati o sfollati della loro regione. La legge prevede una pena da uno a sei anni e una multa per i crimini d’intolleranza.